sabato 29 aprile 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


In Italia le cose non vanno e lo sperimentiamo quotidianamente.
Siamo come una nave che sta per affondare e non sappiamo più come fare per non imbarcare altra acqua e non accelerare il nostro inabissamento. Prima di rassegnarci al peggio vi suggerisco di contattare gli agenti dell'FBI Fox Mulder e Dana Scully. Chiamateli e sottoponete al loro raziocinio gli eventi nostrani classificabili come X-Files. Interpellate anche gli agenti Lilly Rush e Scotti Valens di Philadelphia e affidategli i nostri casi irrisolti. Soltanto il personale di 'Cold Case' potrà risolvere i casi più spinosi, anche a distanza di mezzo secolo. Per non sbagliare io inviterei anche Anthony Dinozzo e Gibbs di NCIS. Più sono gli esperti coinvolti e prima risolveremo i nostri drammi nazionali. Per quanto riguarda i problemi in Vaticano affiderei le indagini a Sorella Lotte Albers e a Padre Brown. Con il loro acume e la loro solida fede riusciranno ad appoggiare le politiche di cambiamento di Papa Francesco. Ho sempre avuto un debole per fratello Cadfael, monaco medievale scrupoloso ma giusto. Quasi quasi invio un dispaccio all'abbazia di Shrewsbury per coinvolgerlo nelle indagini. Ovviamente non disdegno l'intuito formidabile della scrittrice Jessica Fletcher. Per quanto mi riguarda contatterei anche i fratelli Sam e Dean Winchester. Loro due si intendono di Supernaturale, e in Italia tutto quello che la giustizia non spiega diventa un fenomeno sovrumano. Rimanendo in ambito legale perché non avvalersi della professionalità di Perry Mason o di Alicia Florrick? Oppure perché non Max Greveey? Io chiedo la verità Vostro Onore, nient'altro che la verità. Lo giuro su Francisca Montenegro!
Per la sanità, invece, inviterei la dottoressa Sydney Hansen direttamente da Providence e il Dr. Andy Brown di Everwood. Affiancherei a loro anche l'equipe di E.R e di Grey's Anatomy. Dopotutto l'ispettore Monk con la sua proverbiale ipocondria potrebbe dare una mano al cinico Dr. House. Servirebbe senz'altro la sfrontatezza di Shawn Spencer e la consulenza speciale di Patrick Jane. E le arti marziali di Walker Texas Ranger?
Con un team così sono pronto a scommettere che tutto procederà per il verso giusto. Nel frattempo mi posiziono in poltrona e assisto ipnotizzato ad una nuova puntata di 'Criminal minds'. Magari tra una pausa e l'altra mi verrà in mente qualche altro salvatore o salvatrice della patria da contattare. Tanto la verità è una scienza catodica, e dunque a cosa servono le prove processuali se non vengono poi confermate dai nostri beniamini televisivi? Prima di incontrare nuovamente Dio per strada come 'Joan of Arcadia' mi gusto una manciata di popcorn.
"Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che tra un attimo mi farò una birra" (Homer Simpson).

Cristian Porcino


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lunedì 24 aprile 2017

"Un mondo degno dei nostri figli" di Barack Obama


("Un mondo degno dei nostri figli" di Barack Obama, Garzanti, pp. 301, €12,90).

Barack Obama è stato l'unico presidente degli Stati Uniti d'America ad influenzare il mondo con la sua voglia di cambiamento e a diventare una vera e propria icona pop. In lui c'era (e c'è ancora adesso) il fascino del divo, dell'uomo forte che sa essere in sintonia con i problemi della gente. Il 20 gennaio del 2009 il mondo ha salutato l'arrivo alla Casa Bianca del primo presidente afroamericano della storia d'America. Con il suo carisma, la sua intelligenza è riuscito a lasciare un segno nel cuore non solo degli americani ma di tutti noi. Nel 2010 acquistai a New York la maglietta con l'effige di Obama creata da Fairey e con la scritta "Hope". Lui ha rappresentato davvero la speranza per un mondo migliore. Ha detto Obama: "Durante la mia presidenza non sono riuscito a risolvere ogni problema. Per ogni cosa fatta, ce ne sono molte altre che avrei voluto fare". Bisogna capire che nessun essere umano può operare miracoli. L'ex presidente USA ha difeso il principio costituzionale di uguaglianza fra gli esseri umani. Durante i suoi otto anni di presidenza ogni americano si è sentito parte della sua politica inclusiva. Nessuna minoranza etnica, religiosa, sessuale è stata esclusa dall'attenzione del presidente. Il libro raccoglie alcuni discorsi che vanno dall'insediamento del 2009 al settembre 2016. Leggere i suoi discorsi, a mio avviso, ci rende tutti un po' più fiduciosi per il futuro. Le sue battaglie per i diritti civili, la lotta alla povertà, al razzismo e all'omofobia, il cambiamento climatico ci spronano a lottare in ogni parte del mondo per la realizzazione di una società migliore e più giusta. Come scrive nella prefazione Paolo Valentino: "All'America che già lo rimpiange e ai milioni di noi che lo hanno amato rimane la promessa contenuta in questi discorsi. È la certezza che da queste pagine gli Stati Uniti dovranno ripartire, quando anche a Trump sarà consegnato (come una bizzarria speriamo non tragica) ai libri di Storia".
In definitiva un libro imperdibile.

Cristian Porcino


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sabato 22 aprile 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Io sono stato un obiettore di coscienza e lo sono ancora. Quando in Italia il servizio di leva era obbligatorio scelsi subito di avvalermi del servizio civile. Ho sempre ripudiato l'uso delle armi e non volevo sottrarmi a prestare un servizio utile per il mio Paese. Detto ciò non capisco quei medici che si dichiarano obiettori pur lavorando negli ospedali pubblici. Lo trovo inconcepibile. Se il tuo credo o i tuoi ideali non ti permettono determinati atti non vai a lavorare in una struttura pubblica dove transitano quotidianamente milioni di persone con diverse problematiche di salute. Non puoi farlo se poi le tue convinzioni ostacolano la cura effettiva del paziente o il rispetto delle credenze altrui. Io da obiettore di coscienza non vado mica a lavorare in un'armeria né tanto meno ho mai desiderato arruolarmi in un corpo armato! Bisogna essere sempre coerenti con se stessi e con gli altri. Se sei medico e sei contrario all'aborto non presti il tuo lavoro al pronto soccorso, ma ti fai spostare dove il tuo credo non sarà un problema né per te né per il credo di qualcun altro. Il rispetto deve essere reciproco ma non si può filosofeggiare con la vita o la morte dei propri pazienti. Esistono tante strutture religiose dove poter fare il medico nel pieno rispetto delle proprie convinzioni, e con l'appoggio morale di pazienti e personale lavorativo della struttura. Consentire ai medici di appellarsi all'obiezione di coscienza è una vera imprudenza. Le leggi di uno Stato laico devono essere rispettate, e non conta se come singoli individui siamo favorevoli all'interruzione di gravidanza o contrari, o se non accettiamo la legge sul fine vita oppure se crediamo in Gesù, Ganesh o a nessuna divinità. A mio parere l'obiezione di coscienza deve essere disciplinata da una legge che limita i danni ai pazienti. Davanti al malato non si dovrebbe mai anteporre la propria convinzione personale. Ribadisco che la professione medica è un lavoro molto importante perché ai medici affidiamo la nostra vita e la nostra speranza di guarigione. Come scriveva Oliver Sacks: "La storia individuale del malato e l'intera vita del malato non devono mai passare in secondo ordine". L'obiezione di coscienza possiamo esercitarla quando ci riguarda in prima persona, e non invece imponendola ai nostri simili. Tutto ciò che è frutto di sopraffazione non è mai coscienzioso. L'obiezione di coscienza è un diritto del medico ma non di certo della struttura ospedaliera in cui esercita. Se io ripudio le armi non impedisco certamente ad altri di utilizzarle per difenderci come avviene ad esempio con la polizia, i carabinieri, ecc. Non dimentichiamo che l'obiezione di coscienza di alcuni medici talvolta uccide. Le nostre convinzioni devono essere rispettate ma non imposte altrimenti ogni persona, in virtù dello stesso principio, potrà appellarsi alla propria coscienza per non fare più determinate pratiche lavorative e cadremo nell'anarchia più assoluta. Patch Adams ha affermato che: "Divenni un esploratore dei continenti dell'esperienza e del divertimento facendo ricerca nel laboratorio dell'umanità". I medici devono frequentare di più questi laboratori di umanità per imparare anche dal sofferente. Più contagi di umanità e meno imposizioni fra dottori e pazienti. In questo scambio libero e fecondo di umanità ogni singolo soggetto troverà beneficio per la propria coscienza.

Cristian Porcino

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domenica 16 aprile 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Nel silenzio assordante dei media si consuma un nuovo olocausto. Quest'omocausto viene snobbato dai tg nostrani che ovviamente preferiscono occuparsi degli agnellini adottati, la vendita del Milan ai cinesi, le sfuriate di Morgan e l'isola dei famosi. Durante le celebrazioni pasquali nessuno si è focalizzato sulla tragedia che si compie da diverso tempo nei campi di concentramento ceceni. Le uniche voci fuori dal coro sono state quelle di Amnesty International e di alcune associazioni Lgbt. Questa indifferenza generale mi ripugna profondamente. Ormai abbiamo classificato l'umanità in diverse categorie. Ci sono quelli che vanno salvati a tutti i costi mentre altri possono anche morire, tanto chi se ne frega. È l'evoluzione, bellezza! L'alibi perfetto è far sempre finta di non sapere. L'umanità di questo secolo è diventata medaglia d'oro in questa disciplina olimpionica. Eppure oggi lo sappiamo quello che accade ad Argun ma nessuno di noi si batte per la libertà dei nostri simili. Non riusciamo più ad indignarci perché le emozioni vengono gestite dai mass media e non dalla nostra naturale empatia. C'è un televoto emotivo che ci spinge inconsciamente, e a seconda dei casi, ad accendere e spegnere la nostra sensibilità. Mai un'emozione spontanea! Se le persone vengono seviziate, uccise o torturate perché omosessuali meglio voltarsi dall'altra parte. In una canzone di qualche anno fa Renato Zero diceva: "Nella guerra dei numeri, che speranze hanno i deboli". Ecco, per un mondo che si indigna ad intermittenza un centinaio di persone rapite e torturate sono nulla (sic!). Di queste cento persone, in base al resoconto fornito dalla giornalista Elena Milashina, 50 sono già morte. Scarsi i commenti delle istituzioni italiane. Alcuni esponenti del PD e dei radicali si sono fatti sentire ma altre forze politiche preferiscono il silenzio più assoluto. In fondo la loro omofobia così radicata non disapprova tali crimini contro l'umanità. Ho apprezzato il messaggio pubblico dell'ex premier Matteo Renzi che ha scritto: "Le notizie che arrivano dalla Cecenia lasciano senza parole. Pensare che nel 2017 esistano dei campi di concentramento per uomini "dall'orientamento sessuale non tradizionale o sospetto" fa davvero rabbrividire. Non è un pesce d'aprile ma una drammatica realtà che ci colpisce profondamente.
La dignità e la libertà degli uomini, a prescindere dal proprio orientamento sessuale, non possono essere lese così per nessun motivo e in nessuna parte del mondo.
I campi di concentramento per gay ci riportano al nazismo: tutti dobbiamo far sentire la nostra protesta, il nostro sdegno
".
Non mi meravigliano le sue parole perché al di là degli steccati ideologici, e dalle simpatie (o antipatie) personali, Matteo Renzi è stato l'unico presidente del Consiglio a prodigarsi in Italia per l'approvazione di una legge sulle unioni civili.
Per il resto non ho sentito nessun altro parlare del dramma ceceno. Nemmeno i soliti porporati che mettono il becco in ogni faccenda umana. Tutti zitti e attenti a pregare l'immagine sacra che ricorda costantemente che tutti sono uguali e meritevoli di amore e rispetto. Evidentemente tutti tranne i gay. Una conclusione che sancisce l'involuzione della specie umana, altro che evoluzione mio caro Charles! Non ho sentito una sola parola sui perseguitati per orientamento sessuale. Nessuno si è prodigato per dar voce ad umani che subiscono il martirio sui loro corpi e il loro spirito. Ma a cosa serve la festa di Pasqua se poi il nostro cuore rimane impietrito e indifferente alle sofferenze di altri esseri umani? Non basta confessarsi, andare in Chiesa e fare una donazione per alleggerire la coscienza. Non basta essere gentili con le persone che conosciamo se poi non riteniamo giusto protestare per una palese violazione dei diritti basilari di ogni persona. I perseguitati e gli oppressi sono tutti, e sottolineo tutti, da tutelare e difendere senza distinzioni. Non si creano classifiche di merito sulla pelle dei sofferenti. Chi soffre merita rispetto, conforto e aiuto. Punto.
"La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si applica ai popoli di ogni paese, quale che sia il loro retaggio culturale, perché tutti gli esseri umani hanno una comune aspirazione alla libertà, all’uguaglianza e alla dignità. La democrazia e il rispetto dei diritti umani fondamentali sono importanti per gli africani e per gli asiatici come per gli europei e gli americani" (Dalai Lama). E la Cecenia non fa eccezione. Auspico dunque indagini ufficiali e immediate da chi per legge tutela i diritti umani. Basta con l'omertà, l'indifferenza e l'opportunismo politico. È giunta l'ora di aprirsi alla Verità.

Cristian Porcino

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lunedì 10 aprile 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Ricordo che un tempo ero affascinato dalla simbologia pasquale, e non mi perdevo nessuna celebrazione religiosa o una pomposa manifestazione pubblica di tipica devozione popolare. Forse perché sono nato il lunedì di Pasqua, oppure perché da ragazzo il mio rapporto con la fede cattolica poteva definirsi davvero intenso. Per anni ho fatto il ministrante e sono stato scelto più volte dai sacerdoti per il rito della lavanda dei piedi del giovedì santo. Ciononostante anche se oggi non sono più credente trovo sempre coinvolgente la celebrazione della morte e resurrezione di Gesù. La Pasqua non è una festa di origine cristiana ma risale all'Antico Testamento. Gli ebrei la celebrano ancora oggi (Pesach) e ricordano la liberazione del popolo eletto dalla schiavitù d'Egitto. In lingua ebraica Pesach significa passaggio. In entrambe le tradizioni si affronta il tema della rinascita e della transizione da una condizione all'altra. Dalla schiavitù alla libertà (Pasqua ebraica), e dalla morte alla resurrezione (Pasqua cristiana). Tranquillizzatevi, non ho alcuna intenzione di propinarVi una mini lezione di catechismo bensì mi preme sottolineare la visione filosofica che si cela dietro la festa di Pasqua. Jiddu Krishnamurti sosteneva che per poter vivere dobbiamo morire e rinascere quotidianamente. Lui si riferiva alla morte dell'io, alla rinuncia dell'ambizione ed egoismo. Morire alle piccole cose per poi approdare ad una nuova nascita e aprirsi alla Conoscenza. Se non ci accostiamo al mondo con lo stupore della prima volta non comprenderemo mai il significato della nostra esistenza. Se le vecchie conoscenze muoiono costantemente in noi ci ritroveremo ogni giorno desiderosi di apprendere nuove realtà. Accumulare ricordi, talvolta astiosi e negativi, significa solamente collezionare ciarpame. Tutto quello che non è in grado di spingerci al cambiamento e all'amore universale non è di nessuna utilità. Anche nei PC, smartphone e iPad di tanto in tanto facciamo un po' di pulizie di file cosiddetti inutili. Non bisogna dimenticare che alla base della filosofia c'è lo stupore per ciò che non conosciamo. Per stupirci dobbiamo essere sempre aperti alle novità, alle diverse prospettive di vita. Non dobbiamo sentirci ancorati ad antiche tradizioni che eternano messaggi validi solo per la società che li formulò secoli fa. Occorrono, invece, occhi nuovi ma soprattutto menti vergini per vedere il lato nascosto della nostra realtà esistenziale. Gesù ha sconfitto i pregiudizi e le falsità che si annidano nel cuore dell'uomo. Egli è morto sulla croce ma è risorto dopo aver piegato la morte. Non importa se crediamo o meno alla verità di fede tramandata dai vangeli, ma conta invece se riusciamo ad annientare in noi la stupidità, la violenza, l'ignoranza per poi rifiorire e dotarci di un pensiero nuovo. Essere, in altre parole, persone nuove. Come scrive Enzo Bianchi: "L’uomo nuovo è un orfano felice. L’eredità non ha per lui alcun interesse sostanziale. Illusioni, favole, saperi inutili, di cui liberarsi in ogni modo". Il mio consiglio per celebrare anche laicamente le imminenti festività pasquali è proprio quello di rinunciare alle ostilità e ai facili moralismi. Riflettiamo sui giudizi insensati che elargiamo con così tanta superficialità, e impariamo che le parole uccidono più delle armi. Certe frasi dette in un momento di rabbia si fissano nella memoria di chi ci sta davanti. Le parole scagliate come pietre non solo restano impresse nella memoria per lungo tempo, ma incidono sulla nostra psiche in modo quasi indelebile. Dunque cogliamo tale occasione per sopprimere la nostra individualità, e abbracciamo idealmente la nostra parentela universale. Celebriamo il passaggio o meglio la fuga dalle gabbie del pregiudizio per approdare ad una vita caratterizzata da empatia e Conoscenza. E ricordiamoci sempre che: "La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare" (J. Krishnamurti).

Cristian Porcino

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domenica 9 aprile 2017

Chiedi di lui... e di me! Quando un libro è "terapeutico"

Riceviamo e pubblichiamo volentieri una mail di F.T.

“Cari Daniela e Cristian.
Scrivo questa missiva per ringraziarvi del meraviglioso libro che arriva in un momento decisamente importante e doloroso della mia vita.
Mi firmo Francesco, anche se non è il mio vero nome, ho 30 anni e sono iscritto al gruppo Zerolandia.
Leggendo il vostro testo ho trovato molti spunti di riflessione che trovo in linea con il mio percorso attuale e passato.
Il collegamento fra me e voi scaturisce ovviamente da un amore comune, quello per Renato Zero, protagonista del vostro "romanzo verità" socio-culturale (non so se si dica così ma mi piace). Trovo molto affascinante l'intreccio tra l'arte zerica e il contesto di eventi e fatti storici della nostra Italia.
Zero per me, come per molti altri/e, è stato rifugio, libertà, orgoglio, e anche bandiera di quella voglia forte di essere se stessi. Quando, leggendovi, trovo richiami a canzoni come "Un altro pianeta", "L'altra sponda" e "Quello che non ho detto", per non parlare degli aneddoti, dichiarazioni e informazioni contenuti nella prima parte del volume, è inevitabile sentirsi direttamente coinvolti.
In questi primi trent'anni di vita, infatti, avevo tenuto celata una parte di me: oggi comincio a uscire alla luce del sole cosciente di essere finalmente io, omosessuale.
E Renato ha cantato noi, i nostri dolori nell'affrontare l'accettazione del mondo e di noi stessi. Lo ha fatto con la voce, con le parole e anche con la sua estetica.
Quel ragazzino che circa 18 anni fa lo vide per la prima volta in concerto, vide la speranza di poter essere un giorno libero come lui. Oggi ci sono, sto ri-nascendo, finalmente io, aperto al volo di fronte al mondo.
Ultimamente però Renato su questo tema ha fatto confusione, creato dissapori e non chiarezza. E' vero che l'artista non deve essere bandiera né tantomeno obbligatoriamente uscire allo scoperto, e per molto tempo ho sorvolato sulle recenti contraddizioni anche quando erano molto esplicite e somigliavano a rinnegamenti. Però lo scorso anno lo vidi a Sanremo, quel Sanremo così colorato per i nostri diritti, in un momento in cui soffrivo molto perché avevo iniziato un percorso di verità, e da Renato aspettavo parole forti e decise visto il suo personaggio. Sentirlo farfugliare di carrelli della spesa, capannelle di Betlemme, famiglie alla Mulino Bianco (difatti lo hanno applaudito molte pagine omofobe che in teoria dovrebbero essergli lontane anni luce) ha lasciato offeso e deluso me come tanti altri che attendevano Renato dalla parte dell'amore. Un artista del suo calibro veicola pensieri e messaggi ad un grande pubblico. Usando la parola "alieni", Zero ha per l'ennesima volta schiaffeggiato tutti i gay che per anni si sono rifugiati in lui, che è stato libertà ma oggi, a 66 anni suonati, non riesce nemmeno ad usare serenamente la parola "omosessuale" nemmeno se non parla di sé (e in questo caso prende le distanze spesso in modo sdegnato, come se l'omosessualità fosse una vergogna da cui difendersi...).
Ho letto che non aveva bisogno di esprimere solidarietà perché bastava la sua storia, le sue canzoni ecc. Sarebbe così in teoria, ma ormai da anni Zero fa di tutto per cancellare, ridimensionare, dare una svolta a quella storia, facendo capire o anche dicendo chiaramente che qualsiasi associazione tra i suoi brani e certe tematiche è da escludere in partenza. Se a questo si aggiungono i fans attuali, non raramente omofobi e bigotti, il quadro è completo.
Mi chiederete: dopo oltre un anno, ancora con questa storia? E avete ragione. Ma, tutto sommato, lo devo a voi. Perché, come dicevo all'inizio, la lettura del vostro libro ha accompagnato il mio percorso di autoconsapevolezza e se da un lato mi ha fatto rivivere le antiche emozioni, coinvolgendomi anche in quei magici anni che, per motivi anagrafici, non ho potuto assaporare, dall'altro mi ha, necessariamente, spinto a riflettere con maggior lucidità sullo Zero attuale. E quelle sensazioni prima rifiutate o nascoste dietro un indefinito malessere mi sono oggi molto più chiare. E ho deciso: così, non mi sta bene. Non è questione di dichiararsi o no, è questione di rispetto per tanti estimatori che da un po' di tempo si sono distaccati. Io stesso, non mi sono perso uno spettacolo da quando ho cominciato a seguirlo ma ai prossimi concerti non ci sarò. Malgrado i roboanti annunci riguardo a Zerovskij (ma non bastava un quarantennale di Zerofobia?), non vedo spunti veramente originali ma un artista tutto compreso da se stesso, un signore imborghesito e annoiato che a volte parla di realtà forse nemmeno conosciute così bene. Insomma Zero diametralmente opposto a Renato. Ogni tanto, forse, uno scrollone non farebbe male...
Probabilmente questa mia mail non verrà mai pubblicata. So di avere divagato a lungo e me ne scuso. Ma una cosa ancora la voglio dire. Nel libro ovviamente non si parla di Zerovskij ma non è molto importante, sia per quello che ho detto sia perché avete saputo scavare a tal punto nel profondo dell'artista che non serve inserire l'ultimissima news, se ininfluente per capirlo meglio.
Nonostante tutto quindi, attraverso voi, ringrazio l'arte e la musica di Renato per avermi incoraggiato ad essere finalmente me stesso. Sempre attraverso voi sono stato catapultato nella "favola mia" che è stata anche la vostra e di tanti altri... Ma di favola si tratta e
là fuori...
"è molto dura"

F. T.

lunedì 3 aprile 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Da molto tempo non ascoltavo Turbulent Indigo, uno dei miei album preferiti della grande Joni Mitchell. Uscì nel 1994 e all'epoca avevo solo 14 anni. Ricordo che quel bellissimo ritratto di copertina, dipinto sempre da Joni, colpì subito la mia attenzione. La sesta traccia dell'album si intitola The Magdalene Laundries e racconta che cosa accadeva in Irlanda alle giovani donne nubili rimaste incinte. Molte di loro furono costrette dalle proprie famiglie ad andare in questi istituti femminili come, ad esempio, le lavanderie Magdalene. Non mi riferisco certamente ad eventi accaduti nel Medioevo ma al secolo scorso. Dopo i recenti fatti che hanno portato alla scoperta di una fossa contenente ossa di bambini, proprio nel punto dove sorgeva 'La Casa della mamma e del bambino' a Tuam in Irlanda, ho ripensato immediatamente alla canzone di Joni. Il cimitero nascosto dei bambini era frutto della malvagità e amoralità delle suore del Buon soccorso (quale ironia della sorte!) che curarono l'istituto dagli anni'20 fino agli anni '70. Queste pie discepole della carità e della misericordia cristiana operavano discriminando i bambini che ospitavano. Dopo il parto le donne rinchiuse nella struttura non intrattenevano alcun rapporto con i propri figli se non per l'allattamento. Inutile lamentarsi o protestare. Se alzavi troppo la voce finivi dritta nelle lavanderie Magdalene di Galway, veri e propri lager, oppure internata nei manicomi. Chi è uscito vivo dall'istituto racconta che le suore esponevano i bambini ai visitatori come una subdola mercanzia. Vi consiglio di leggere la testimonianza di John Pascal Rodgers, uno dei sopravvissuti alla casa degli orrori. Molti bambini furono adottati, altri morirono a causa delle cure negate dalle suore infermiere, ma altri non videro più le loro madri spedite nelle lavanderie Magdalene. Nella canzone sopracitata Mitchell racconta la storia di una ragazza non sposata che aveva appena compiuto 27 anni. Fu punita: "perché gli uomini mi guardavano in un certo modo, ero bollata come una Jezabel / Così ho saputo che non ero destinata al paradiso". Joni racconta delle altre ragazze che arrivavano lì perché gravide. Molte di loro erano state violentate dal proprio padre o da un prete. I mostri rimanevano impuniti e alla luce del sole mentre le vittime dovevano essere allontanate. Un'altra scena toccante del testo scritto dalla cantautrice canadese afferma: "Stiamo cercando di rendere tutto candido come la neve /noi figlie della sventura nelle macchie fumanti delle lavanderie Magdalene /Prostitute e destituite e tentatrici come me donne cadute, condannate a faticare senza sogni. Perché chiamano questo luogo senza cuore Nostra Signora della Carità? Oh Carità! Queste spose esangui di Gesù
Se avessero solo una volta intravisto il loro sposo saprebbero, e lascerebbero cadere quelle pietre che nascondono dietro al rosario". Per queste donne la vita fu un vero inferno. Sulle loro esistenze pesava il giudizio feroce di una società sessista che le marchiava con una lettera scarlatta quando si rifiutavano di sottomettersi alla violenza domestica di un padre o di un prete. Ma ancor più tragico fu il destino di quei figli nati in quelle strutture.
Se ripenso a quei bambini non curati, sempre tristi che attendevano il ritorno delle loro madri e soprattutto desiderosi d'amore mi prende un nodo alla gola. Mi piange il cuore a pensarli afflitti, tristi e senza coccole. Siete morti senza aver mai ricevuto una carezza. Eravate così piccoli e indifesi. Attendevate di essere adottati e sognavate affetto e calore umano. Dopo il dolore subìto volevano consegnarvi all'obblio ma fortunatamente non è accaduto. Per questo bisogna ringraziare la tenacia di una storica per passione e non di professione, Catherine Corless. Lei, 62 anni, casalinga irlandese ha investito tempo e denaro per donare giustizia a quei piccoli martiri dell'aridità dell'anima. Non so i vostri nomi ma vi penso intensamente. Siete finiti fra le grinfie di chi si faceva chiamare madre e sorella ma non aveva alcun grado di parentela con voi. Aride e squallide aguzzine intente a non far trapelare la verità da quelle 'sacre mura`. Le loro tonache avevano reciso il cordone ombelicale che li teneva ancorate all'amore universale. Per carità non bisogna mai generalizzare, ma quelle suore lì non meritano alcun rispetto. Ripenso, infine, ai versi della canzone di Joni Mitchell quando dice: "Peg O'Connell è morta oggi/ era una ragazza sfacciata/ flirtava e loro l'hanno buttata in una buca/ Ma Dio mio penseresti che dovevano suonare qualche campana!/ Un giorno anch' io morirò qui e mi getteranno sotto la terra come un bulbo che non fiorirà mai in primavera. In nessuna primavera".
Dove un tempo sorgeva la St.Mary home, l'orfanotrofio degli orrori, oggi ci sono palazzine e apparente normalità. In quella buca per più di trent'anni rimasero, e ci sono ancora, i resti di piccoli innocenti senza nome che chiedevano solo Amore ma ricevettero soltanto odio, indifferenza e morte. Non dimentichiamoli. Non uccidiamoli una seconda volta. Doniamogli un po' di pace e un affettuoso ricordo.

Cristian Porcino

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sabato 1 aprile 2017

"Ti dico un segreto" di Eleonora Tarabella


( "Ti dico un segreto. Virginia Woolf e l'amore per le donne" di Eleonora Tarabella, Iacobelli, pp. 261, € 14,90 ).

Lo studio di Eleonora Tarabella ci restituisce un'immagine di Virginia Woolf lontana dai soliti stereotipi. La sua tragica fine ha tramandato ai posteri la visione distorta di una scrittrice cupa e con continui pensieri di morte. A dispetto dei soliti cliché Virginia Woolf era curiosa della vita e di ciò che catturava la sua vivida immaginazione. Le sue opere raccontano dal profondo l'universo femminile. Woolf detestava le categorie e aveva ragione. Con ogni probabilità la sua personalità complessa e variegata nascondeva ben altro. Come chiarisce Tarabella Virginia Woolf soffriva di lesbofobia interiorizzata, ma era anche pervasa da una forma di omofobia verso gli altri. Questo le permetteva di non identificarsi con una condizione che le procurava un conflitto interiore. Prendere le distanze da tutto ciò era il suo meccanismo di difesa. Per quanto mi riguarda non mi stanco mai di ripetere che l'amore non ha né sesso né genere, e non vedo quindi perché stupirsi ancora se Woolf, in epoca post vittoriana, rifiutava di dare un nome al proprio orientamento sentimentale. Nelle sue lettere tali barriere cadevano del tutto. Ciò accade perché quando si ama si è vulnerabili ma proprio per questo più veri. La verità è un pegno da donare a chi si ama, e non appartiene a chi ti giudica in base a delle sterili categorie. Forse il suo coming out si trova fra le pagine dei suoi libri e racconti (Le spille di Slater non hanno punta del 1927), o nel carattere delle sue protagoniste. È anche vero che non bisogna mai giudicare una persona vissuta in un'epoca lontana da noi applicando i parametri contemporanei, ma trovo ridicolo quando leggo che fra Verlaine e Rimbaud ci fu solo una profonda amicizia. Condivido, quindi, l'intento di Tarabella nel voler specificare che Virginia ha amato molte donne, e non si trattava soltanto di semplici amicizie. Pensiamo a Madge Vaughan, Dora Carrington, Violet Dickinson, Vita Sackville-West, Ethel Smyth, Lady Ottoline Morell. Il libro di Tarabella smaschera l'ipocrisia creatasi attorno a Virginia Woolf e ci dona un ritratto a tutto tondo di una delle più grandi scrittrici del Novecento.
Assolutamente consigliato.


Cristian Porcino


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L'elzeviro del filosofo impertinente


La realtà supera quasi sempre la fantasia.
Galeno e Ippocrate dedicarono la loro vita alla cura del paziente. Da allora sono trascorsi molti secoli, ma sono sicuro che oggi si rivolterebbero nella tomba vedendo un loro collega provocare consapevolmente dolore e sofferenza ai malati. È notizia di questi giorni quella di un importante ortopedico che procurava lesioni agli arti dei pazienti per poterli poi operare, e ricavarne dunque un buon ritorno economico. Ho letto che li ricuciva in modo tale da poterli riaprire a piacimento. I confini etici non esistono più e l'imbarbarimento della specie avanza sempre più spedito.
Un giudice assolve uno stupratore perché la donna non ha urlato abbastanza dopo la violenza sessuale. Ma vi rendete conto? E poi ci lamentiamo se in questo paese non solo aumentano i casi di violenza sulle donne, ma addirittura non si fermano i responsabili? Con una cultura così pervicacemente maschilista che sottomette quotidianamente la donna all'uomo, anche con il linguaggio, non possiamo aspettarci purtroppo nulla di positivo.
A Torino una coppia di fatto decide di affittare una casa ma non gli viene concesso. Motivo? La padrona di casa omofoba non affitta a due uomini innamorati! Permettetemi di dire che tutto questo mi sembra una cronaca di un altro pianeta. Non mi riconosco più in un'umanità così crudele che ha la sfacciataggine di dichiarare in continuazione di essere civile ed evoluta. Speravo, in cuor mio, che a forza di ripeterlo potevamo autoconvincerci di tali bugie, e di conseguenza comportarci davvero in modo civile. Benvenuti nel regno di Fantasilandia. A parole ci definiamo sensibili e caritatevoli, ma nella realtà siamo solo più frustrati e anaffettivi. Per carità, noi esseri umani non abbiamo mai brillato per bontà ma adesso la misura è colma. Socrate era profondamente convinto che la spiegazione delle nostre azioni malvagie risiedeva nell'ignoranza. L'ignoranza è una malattia da cui si può guarire ma occorrono grandi sforzi. Non bastano le leggi per favorire il quieto vivere, bensì una solida cultura del rispetto reciproco. Se poi però le leggi vengono interpretate ed applicate ad cazzum allora aveva proprio ragione Cesare Beccaria. L'autore di Dei delitti e delle pene (1764) sosteneva che i giudici emettevano le sentenze in base alla loro buona o cattiva digestione. Nulla è cambiato in tal senso. Sono stanco di vedere troppi impuniti, e il popolo vessato ed umiliato da soggetti che appartengono ad una casta che detiene il potere. Non si può vivere nella continua paura di uno Stato distante e padrone. Ciascuno di noi è un ingranaggio essenziale nell'apparato statale. Non siamo servi e non desideriamo padroni. Vogliamo solo sentirci membri attivi e importanti di una comunità e non ospiti di un circolo d'élite. Pertanto ben venga l'indignazione per un'ingiustizia e un diritto negato ma occorre prodigarsi per la salvaguardia non solo dei diritti che ci riguardano in prima persona, ma anche e soprattutto per quelli degli 'altri'. Questo è un diritto ma soprattutto un dovere!
"L'individuo critica la società, ma è la società che ha prodotto l'individuo. Questa contrarietà - perché non la si può chiamare contraddizione - è causa di moltissimi conflitti. La società, o quelle persone convenzionalmente dominanti che parlano in sua vece pensano che l'individuo esista solo per servirla. Ma che cosa mostruosa sacrificare tutte le parti viventi affinché un tutto nominale e meccanico possa continuare la sua cieca corsa!" (George Santayana).


Cristian Porcino

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