giovedì 27 agosto 2015

“Liguritudine” di Daniela Tuscano

Qui, in via Morardo, è tutto un po' selvaggio. Un pittoresco anche troppo partenopeo, fin dalle facce. Se di bimbi, già fanno immaginare futuri splendori di ragazzi, imprendibili e furfanteschi. Accanto permangono volti ponentini, di fissità picassiane, e il crespo dei capelli inanella schiene d'ataviche fatiche. Qui il turista non invade ancora i carruggi. La spaghetteria “La mulattiera” ammannisce delizie d'altri tempi in mezzo a cimeli corsi, cartine preunitarie, biancheria di foggia francese, gufi e poiane, gioghi e tovaglie a quadri bianchi e rossi, su cui rosso spicca un papavero. E non stona. Esalta. Addolcisce ineffabile sapidità. Siamo, in realtà, in un suq orientale che sa di spezie e contenitori di plastica adibiti a vasi . Siamo in Italia. Siamo in un reperto anni Cinquanta. Il capolavoro del luogo è la “sala di lettura”: qui pure, un ammonticchiare assolato di grancasse, pendole, scaffali, ruote di biciclette e piastrelle da cucina. Ed è giusto, perché con la cultura si mangia: e si condivide. Davanti alla saracinesca, simile a quella dove Peppino Impastato si rifugiava per leggere Pasolini, si scambiano chiacchiere e libri. Anch'io ho portato il mio (su Renato Zero), che in verità vi è rimasto poco. Non capita così spesso di trovare un ventenne sparuto innamorato non solo del glam dei '70 ma di... Joe Dallesandro! Caspita! - Ma è vero che Renato lo conosceva?

Io e Cristian, veramente, non l'abbiamo scritto, avendolo scoperto dopo, ma sì, pare che nel '72 Renatino frequentasse spesso il Superstar di Roma in compagnia del sexy divo, e chiedeva insistentemente al dj di mettere le sue canzoni! (Ma quali?). Pur se un sospetto m'era venuto parlando di "Calore", quasi una memoria involontaria, proustiana, sicuramente un caso, ma non si sa mai... Insomma regalo il libro al ragazzetto entusiasta, pazienza se non guadagno nulla, non voglio taccagnare adesso, in quest'antro mezzo marocchino mezzo sabaudo, sopra pagine polverose con nomi russi e il titolo: "La fine di un attore".
Rientro a casa, il basilico è stato letteralmente divorato da una cavalletta che, nei radi momenti di pioggia, l'ha pure adibito a tettoia. Starà lì due giorni, poi sparirà, saltellando in chissà quali universi.

© Daniela Tuscano

giovedì 13 agosto 2015

Intorno a un libro su Renato Zero

Non sono una sorcina o fan propriamente detta, ma Renato ha attraversato momenti fondamentali della mia vita. La prima immagine che ho catturato di lui, intorno ai dieci anni, era quella d'un uomo già maturo: col dito sulla bocca, lo sguardo sornione e ironico di chi la sa lunga... Ma che sembrava soprattutto rivolto a me e mi dicesse: ti leggo. Nemmeno io riuscivo a distogliere il mio e mi accorsi che quegli occhi erano contornati da un filo di trucco e le unghie sulle dita più lunghe rispetto a quelle degli altri uomini. Non sapevo se per vezzo o per chissà cos'altro. Mio padre possedeva alcuni suoi dischi e mi raccontò che il giorno della mia nascita alla radio avevano trasmesso "Il cielo". Questo primo ricordo riaffiorò quand'ero sedicenne e cominciai ad appassionarmi a certe figure camaleontiche, vintage, glam, da Marc Bolan a Lou Reed a David Bowie, Freddie Mercury ecc. La mia amica Lorena mi fece ascoltare Ziggy Stardust e mi venne automatico associarlo a Renato! Sono quindi stata molto contenta di ritrovare tutti questi passaggi e atmosfere nel libro di Daniela e Cristian, mi sono serviti per contestualizzare meglio la sua figura dato che per ragioni anagrafiche non ho potuto viverli. Poi leggendo ho scoperto che Renato ha sofferto di quest'identificazione con l'artista inglese, ma per me non si trattava di un imitatore (anche perché, ripeto, avevo scoperto prima lui) quanto semmai della versione italiana di una corrente di pensiero e di vita. Mi appassionai tanto a quel personaggio dai pantaloni a zampa d'elefante e dai lunghi capelli neri. Io e Lorena arrivammo al punto di truccarci come lui! Anzi io invidiavo un po' la mia amica perché coi suoi tratti calabresi e scuri riusciva a somigliargli molto di più. Successivamente fui colpita da un video di Renato, giovanissimo e bello, Loredana e Mia. Mi diedero un'impressione di autenticità. Interpretavano una scenetta in cui cercavano una scrittura da parte di un impresario e Renato cercava di "prostituirsi" musicalmente pur di ottenere un ingaggio... Che poi in un gustoso passaggio del libro pare sia successa una cosa molto simile con Aragozzini! Diverso tempo dopo Renato tornò a bussare alla mia vita, in un momento di sconforto. Mi ero appena dichiarata alla mia famiglia e mio padre non accettava così facilmente la mia omosessualità. Allora ripensai a una frase de "Il cielo" che diceva "Un altro figlio nasce e non lo vuoi" e mi sentivo indesiderata, un uccello morto nel cuore. Sentivo di averlo deluso come figlia. Ma questa sensazione svanì presto sempre grazie a Renato... insomma a un'altra sua canzone, cioè "Santa Giovanna" che mi fece conoscere un'altra amica e invitava a vivere come si è... La terza invece viene analizzata nella seconda parte del libro cioè "Cercami". Avevo partecipato al Pride di Roma e come brano trainante era stato scelto "Gino e l'Alfetta" di Daniele Silvestri. Ma subito dopo parti' "Cercami" e tutti ci commuovemmo e l'ascoltammo in un silenzio quasi religioso. Quel pezzo infonde un grande ottimismo, una grande speranza nel futuro, una grande fiducia. Edificante, sì, nel senso migliore. Non conosco ancora tutti i brani e forse non è nemmeno importante, ma anche grazie alla lettura appassionante di questo saggio-romanzo ho avuto la conferma dell'immenso karma di Renato... di cui ho scoperto pure le debolezze e i limiti umani, ma mi ha convinta, a me appassionata di astrologia, a studiargli il tema natale... In futuro forse lo pubblicherò. Un abbraccio a tutti/e e grazie per avermi fatto scoprire questo bel libro.
(Aly A.)

"Chiedi di lui" di Daniela Tuscano e Cristian Porcino, pp. 178, Ed. Lulu, 2014. Il libro è in vendita su amazon

sabato 1 agosto 2015

Rassegna stampa libro “Pensiero Riflesso. La filosofia come la vedo io” di Cristian A. Porcino Ferrara


- «“Pensiero riflesso”, il nuovo libro di Cristian Porcino tiene insieme filosofia accademica con filosofia divulgativa. I suoi incontri reali con alcuni autori che lo accompagnano mostrano un percorso concreto nel mondo, altri come Socrate o Andy Warhol manifestano lo studio sui libri. Credo sia questa commistione a tenere insieme egregiamente il suo scritto.
Dal libro: «Attraverso l’ausilio di diverse discipline quali musica, cinema, arte etc., l’autore discute di filosofia e dei suoi massimi esponenti. In compagnia di Socrate, Luciano De Crescenzo, Manlio Sgalambro, Franco Battiato, Vasco Rossi, Alessandro Del Piero, Andy Warhol, Woody Allen, Robin Williams e molti altri ancora, il lettore apprende una valida alternativa per considerare la filosofia non una disciplina astratta, ma un percorso di vita realizzabile da tutti».
Un grande in bocca al lupo all'autore e alla sua creatività culturale» (Maria Giovanna Farina) pubblicato su “L’accento di Socrate” febbraio 2015


- «Come può uno scoglio arginare il mare?. In verità siamo noi quello scoglio quando tentiamo di tamponare la vasta e immensa distesa del Sapere». Frase estrapolata da un vecchio testo di Lucio Battisti e riadattata nel nuovo libro di Cristian A. Porcino Ferrara, scrittore e filosofo catanese, “Pensiero riflesso”, opera pubblicata dalla casa editrice Lulu Edition, Prima edizione, anno 2015. Dopo diversi tributi editoriali dedicati a personaggi importanti della musica italiana ed estera, come Michael Jackson, stavolta l’autore ha pensato bene di scrivere un’opera sul percorso della filosofia antica riadattata in chiave moderna attraverso le sue esperienze personali, come riflesso dell’essere e dell’esistenza umana e dal senso di stupore dell’inquietudine collaudata dall’uomo.
Nulla di teorico o di formativo scolastico. L’autore non vuole riprendere un percorso catechizzato per un vasto pubblico pagante, semmai riprendere un cammino filosofico personale percepito da colui che scrive. Porcino Ferrara, sempre l’autore, vuole investire su se stesso e non sull’apparenza. Ed è per questo motivo che non ha proposto la sua bozza alle case editrici tradizionali. E non vuole essere deriso per il suo modo di ragionare da filosofo in una società caotica come quella attuale. La filosofia, in Italia, è cosa lontana dal resto dei paesi europei. Forse, considerata solo come materia di studio e di poco importante nella vita di tutti i giorni.
Ritornando all’opera, “Pensiero riflesso”, Cristian A. Porcino Ferrara fa riferimento alla filosofia di Nice, Friedrich Wilhelm Nietzsche, scrittore e filosofo germano nato alla fine dell’800. Nice vuole colpire il cristianesimo smascherando l’inautenticità del Vangelo di Gesù, come portavoce di vita eterna. Però, tuttavia, sempre secondo Nice, il superuomo non necessità di verità astratte proiettate nell’aldilà. L’uomo è consapevole di essere superiore a tutto e tutti. Forse, non la pensa così il cantautore italiano Vasco Rossi. Nei testi presenti nei suoi ultimi pezzi, da alta classifica, ascoltati e cantati a loro insaputa anche dai più giovani, Vasco fa eco delle teorie nicciane, ammettendo di essere scosso dal fatto che la religione tenta di stordire la nostra capacità raziocinante. “Quando cammino su queste dannate nuvole/vedo le cose che sfuggono dalla mia mente/Niente dura, niente dura. E questo lo sai”. Un Vasco Rossi rivolto a quel modo opposto a Nice, come risposta a una vita avversa.
«L’Uomo è condannato ad essere libero: condannato perché non si è creato da sé stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa». Una filosofia vissuta ai giorni nostri, senza fronzoli e stravaganze intellettuali. Cristian A. Porcino Ferrara, uomo nelle vesti di un moderno pensatore, crede al pensiero dell’attimo fuggente come alternativa al marcio nascosto dietro false ideologie. “L’attimo Fuggente”, pellicola americana del 1989 interpretata magistralmente dall’attore Robin Williams. Nel film, Williams insegnava ai suoi studenti ad andare oltre il vuoto e cercare il senso della vita attraverso la filosofia che si nasconde dentro una poesia. Oggi, è difficile trovare un professore che stimoli i suoi studenti ad aprirsi al mondo e accettare quello che si cela nel vuoto esistenziale, non conviene a nessuno. Come parlare del piacere fai da te, in altre parole la masturbazione, che non è quella intellettuale. Ancora oggi ci sono uomini e donne che sono cresciuti con profondi sensi di colpa. L’amore vero è anche filosofia pura. Detto da Woody Allen e Lo stesso Federico Fellini nei suoi film. “I filosofi possono aiutarvi a pensare ma non possono pensare al posto vostro: hanno percorso una parte del cammino e grazie a loro non dovete più cominciare da zero, però la vostra vita nel mondo che vi è toccato in sorte la dovete pensare voi… e nessun altro”. Pensiero riflesso è un’opera, un saggio filosofico scritto con un linguaggio semplice e appagato, quasi un manifestato al male di vivere occultato dalla consapevolezza di essere vivi.
All’interno dell’opera ci sono delle belle dediche scritte dai filosofi Luciano De Crescenzo, Manlio Sgalambro e Massimo Cacciari. La filosofia non è cosa di tutti» (Antonio Agosta) pubblicato su “Generazioneweb” febbraio 2015

- «"Pensiero riflesso. La filosofia come la vedo io" di Cristian A. Porcino Ferrara è un'opera, per dir così, sorridente. Rende giustizia a una disciplina troppo spesso associata alle aule scolastiche, al sapere libresco e marmoreo. Invece la filosofia è esperienza vitale, consente di assaporare al meglio la nostra immanenza colorandola d'infinito. E non è appannaggio di pochi eruditi, bensì gioco, piacere per tutti; in tal senso, il libro di Porcino potrebbe esser definito "socratico"» (Collettivo Zero) pubblicato su “Ulisse - Compagni di viaggio” gennaio 2015

- «“Pensiero Riflesso. La filosofia come la vedo io” è sicuramente un libro atipico nel suo insieme. Porcino Ferrara si addentra nella spiegazione di figure legate certamente al mondo filosofico ma anche correlate alla cultura popolare; caratteristica già presente in alcune opere del filosofo catanese. Dopo l’avvento dello scrittore Luciano De Crescenzo, a cui peraltro il libro è interamente dedicato, la filosofia ha ritrovato una nuova linfa vitale. Il libro utilizza un registro divulgativo, con toni a tratti ironici e mai pedanti. L’autore si racconta e utilizza i suoi ricordi per spiegare i concetti e le vicende senza far sentire il lettore estraneo alla narrazione. Fra le pagine del libro troviamo una filosofia della sessualità, una del sorriso e diverse figure che acquisiscono una nuova luce grazie alla preziosa spiegazione dell’autore; pensiamo, ad esempio, a Robin Williams, l’oscuro Manlio Sgalambro, la musica di Franco Battiato, la pop-art e il genio di Warhol e perfino una filosofia del pallone. Leggendo “Pensiero Riflesso” mi è venuta in mente una delle tante lettere che il grande Seneca scrisse a Lucilio, e in particolar modo quando affermò, parlando del libro di un filosofo dell'epoca: «il suo stile ha una sua caratteristica peculiare che consiste soprattutto nell’andare diritto allo scopo, che poi, come metodo, sarebbe quello di trattare un argomento per volta e sempre con la massima chiarezza: fluisce ma non straripa, è ordinato ma non ricama, e nel contempo ha un suo fascino (…) e un alto contenuto morale». Grazie al linguaggio accessibile utilizzato da Porcino Ferrara “Pensiero Riflesso” insegna ma non catechizza, discute di etica ma non fa la morale, affascina ma non stordisce con inutili giochi di parole. Insomma un buon libro che fa trasparire la totale devozione dell’autore alla materia trattata. Anche solo per questo dovremmo essergliene un po’ grati.» (Ismaele Carbone) “Pagine letterarie”, luglio 2015

- “UN "PENSIERO RIFLESSO"... IN UN BICCHIERE DI WHISKY”:
« Filosofia come compagna di vita, come narrazione di se' e non solo del Se', come autobiografia, occasione per raccontarsi, romanzarsi, "poetarsi": questo il filo portante del lavoro di Cristian Porcino, intitolato "Pensiero riflesso". Cioè in vista, confessione scagliata e vibrante, carnale, esplicitata quasi con impudicizia. Urlo di rabbia, anche. Idea non nuova, anzi inserita nel solco della grande tradizione filosofica. Siamo noi contemporanei ad aver confinato la filosofia fra le materie astratte, o forse aride, e in una forma espressiva - quella saggistica - che richiama a un periodare pedante, scolastico e impersonale. Occorre ricordare che per gli antichi era tutto l'opposto? Che Socrate aveva appreso l'arte fra le braccia di Diotima e che i suoi trattati portavano il nome dei suoi allievi? Erano innanzi tutto dialoghi, fra un triclinio e un sospiro di passione. Perché la filosofia è spirito; quindi materia. Rinnova la materia. Non v'è separazione fra i due, ma nobilitazione della seconda grazie alla prima. E per questo Porcino riesce a intessere un inno alla vita malgrado gli schiaffi ricevuti, la considerazione che, in un mondo come l'attuale, il pensiero autentico, composito, "riflesso" (sincero) non solo non è apprezzato ma osteggiato. Si prediligono i tuttologi, che in realtà non dicono nulla, i raccomandati, i salumieri dell'affabulazione. Porcino esordisce con una silloge poetica assai pregevole (a mio parere, la parte migliore del libro) con echi vagamente ungarettiani (da "Sentimento del tempo") dal punto di vista stilistico e tributario, nei contenuti, di Bukowski e Busi. In verità, non ne possiede il disincanto e il cinismo, semmai la dolente passione. Tra le composizioni più riuscite primeggiano "Chi salverà il mondo" e "I maestri dell'esistere" (e tra questi ultimi figurano anche maestre donne, finalmente!), "O-Dio" e la catulliana "Amo e Odio" dove lo scrittore reclama una fede che non ha trovato, ma che gli spetta, in certo senso, di diritto: la fede nell'umano, la speranza. Il discorso prosegue nel suo secondo volume, "Tutta colpa del whisky": in esso Porcino rivendica un sapere "aristocratico" (nel senso etimologico di migliore) che non può essere per la massa, ma per chi riesce a indagarne e apprezzarne la profonda poliedricità (di qui un ironico, ma non troppo, "Elogio del lei" da contrapporre a un tu non più sinonimo di eguaglianza e comunione, ma d'omologazione dozzinale). Un folle, ma non per le folle, come sottolinea in un altro passo. Non è facile uscire dalla spersonalizzazione della società post-consumistica, che dona solo l'illusione di potersi esprimere liberamente, e che invece - lo ha sottolineato di recente Umberto Eco - permette a qualsiasi imbecille di sentirsi un "maître-a-penser". Chi invece orienta la cosiddetta opinione pubblica, e i gusti artistico-letterari, sono sempre roccaforti (fili spinati?) di baroni ben decisi a difendere la loro inespugnabilità. Cristian prova a fendere alcune sane "picconate" col "whisky" del suo sapere, genuino ed entusiasta, col nerbo d'un giovane che malgrado le ferite non è disposto a lasciarsi domare, e spazia dal card. Martini a De Crescenzo ai grandi filosofi orientali - anche in tal senso, la consapevolezza che la Sofia vive pure nell'altra sponda del Mediterraneo, non solo tra le nebbie del Nord o in un malinteso neoclassicismo -. Del resto, Cristian è siciliano: e nessuno sfugge alle proprie radici.» Daniela Tuscano (insegnante e scrittrice), recensione pubblicata su “Il Giornale dell’Etna” agosto 2015



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