giovedì 29 marzo 2012

È uscita la nuova edizione del libro “La Chiesa è nuda” di Cristian Porcino



(Nuova Edizione) «Il saggio in questione analizza il fenomeno dilagante della pedofilia all'interno della Chiesa cattolica. Inoltre l’autore prende in esame diversi aspetti abbastanza ambigui del cattolicesimo con diverse incursioni persino nei "segreti vaticani". Alla fine del saggio vi sono raccolte alcune testimonianze riguardo il tema: chiesa e scandalo pedofilia. “La Chiesa è nuda” di Cristian Porcino è un saggio avvincente come un romanzo, ma arricchito da molte curiosità e da numerose fonti storiche. Un documento di rara intensità».

Dati tecnici del libro:

“La Chiesa è nuda” di Cristian Porcino
pagg: 170
€16,00
ISBN: 9781471649332

In vendita su: www.lulu.com, www.amazon.it, www.amazon.com, www.amazon.co.uk

lunedì 26 marzo 2012

“Inchiostro antipatico” di Paolo Bianchi



“Inchiostro antipatico” di Paolo Bianchi
Bietti Edizioni, pp. 213, € 15,00

L’autore attraverso le pagine del suo libro, intende dissuadere gli aspiranti scrittori dal pubblicare i propri lavori per non crearsi false aspettative. Il mercato editoriale è già saturo di volumi destinati per lo più al macero e non ci sono le prospettive per pensare o soltanto immaginare di diventare scrittori immortali come Oscar Wilde o Charles Baudelaire. Come scrive Paolo Bianchi: “Perciò hanno un po’ di successo solo quegli autori che dispongono di canali privilegiati, quelli che vanno spesso in televisione (o che addirittura nascono come personaggi televisivi prima di mettersi a scrivere, o farsi scrivere da altri) o quelli che vincono qualche premio manovrato da meccaniche mafiose”. Un libro interessante, scritto con un pizzico di cinismo e di sano sense of humor. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


© Riproduzione riservata

domenica 18 marzo 2012

“Domenico Sputo. La favola di Lucio Dalla” di Cristian Porcino


“Domenico Sputo. La favola di Lucio Dalla” di Cristian Porcino

Il libro racconta, attraverso varie descrizioni e versi, il mondo onirico del cantautore bolognese. Un omaggio sentito all’artista e poeta Lucio Dalla.


Dati tecnici del libro:
pagine: 78
€ 10,00
ISBN 9781471638749
In vendita su: www.lulu.com, www.amazon.it, www.amazon.com, www.amazon.co.uk

lunedì 5 marzo 2012

“Dalla e Zero due miti musicali analizzati nel libro di Cristian Porcino”


di: Daniela Tuscano

Scrittore, "filosofo impertinente" - come si autodefinisce - e talento eclettico, Cristian ha dato alle stampe in questi giorni il suo primo romanzo, "Un'altra vita". Per Fabio Croce, nel 2008, ha pubblicato "I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero". Ne approfittiamo per chiacchierare di due sue grandi passioni, Renato e Lucio Dalla.

«Quando ti sei imbattuto nell'artista Zero?»

- Nel 1991, anno della sua prima apparizione sanremese. “Spalle al muro” fu un brano che mi colpì in maniera non indifferente. Era il primo artista a portare una ventata d’ aria fresca in un clima in cui la canzonetta d’amore aveva il predominio assoluto. Una riflessione sulla senescenza che avanza fu un tocco di rara genialità. Da lì in poi iniziai ad ascoltare ogni suo album e così crebbe il mio interesse nei confronti della sua musica. Non ci sono brani che preferisco di più di lui perché adoro tutte le sue canzoni. Per citarne solamente una posso dire che sono profondamente legato a “Siamo eroi”.

«Quali temi, secondo te, ha affrontato meglio?»

- Renato ha saputo trattare nelle sue canzoni ogni genere di argomento. Oggi si fa un grande abuso della parola poeta ma Renato è il poeta dell’animo umano, un cantore neorealista della società contemporanea. Ha descritto con veridicità e talvolta con crudeltà le nostre fragilità e disillusioni. Solamente un talento unico come il suo poteva fare ciò.

«In questi giorni siamo tutti profondamente turbati per l'improvvisa scomparsa di Lucio Dalla. Sappiamo che nel tuo libro hai parlato anche di lui. Che effetto ti ha fatto la notizia della sua morte?»

- La scomparsa di Lucio mi ha profondamente colpito, era uno dei miei artisti preferiti. Io e Dalla ci siamo incontrati un paio di volte. La prima diversi anni fa, al concerto di Samuele Bersani. All’epoca ero poco più che un adolescente. Lui si sedette accanto a me e parlammo un po’. Mi chiese cosa facevo e quali erano le mie aspettative per il futuro. Gli rivelai che mi piaceva scrivere e che avevo composto dei testi per delle canzoni. Mi domandò se li avevo lì con me ma non avevo nulla, purtroppo. Per me era un mito, in casa ascoltavo (e continuo a farlo ancora oggi) i suoi straordinari dischi, eppure lui aveva un modo così spontaneo e contagioso di parlare. Diversi anni dopo lo incontrai in sala stampa per la presentazione del concerto allo stadio di Catania e gli accennai qualcosa sul mio progetto che, qualche anno dopo, sarebbe poi diventato il libro sui cantautori da te menzionato. Avevo solo pochi minuti e parlammo principalmente del suo cd “Lucio” che era appena uscito. Fu sempre cortese e gentile, disponibile come pochi. Un artista indimenticabile e geniale.

«Lucio si è sempre professato credente. Renato pure. Quali analogie e differenze trovi nella loro poetica?»

- Renato Zero e Lucio Dalla sono accomunati dall’educazione religiosa di stampo cattolico ricevuta sin dall’infanzia. Nel tempo però Lucio si è accostato al tema del divino con una certa curiosità, inquietudine e una sana irriverenza. In una canzone contenuta in “Angoli del cielo” Dalla si chiede chi muove il mondo e chi si cela dietro questo gran mistero che chiamiamo vita. La canzone “Henna” è un inno alla sapienza e all’opera di Francesco d’Assisi e il suo essere credente e praticante non lo ha mai portato a sposare in toto e pubblicamente le posizione vaticane. La sua professione di fede l’ha sempre vissuta con religioso silenzio. Per Dalla, la Chiesa è la comunità di persone che rendono quei mattoni un gruppo di persone vive. Renato invece, soprattutto negli ultimi anni, ha dimostrato un attaccamento visibile alla parte dogmatica e liturgica della Chiesa cattolica. Pensiamo all’omaggio a papa Wojtyla a cui ha dedicato il suo album “Il Dono”. In “Potrebbe essere Dio” Renato descrive un Dio totalmente coinvolto nel suo creato, mentre Dalla, pur credendo, ha sempre lasciato una porta spalancata verso l’ignoto, che non può essere risolto da nessun credo, tralasciando quindi le immagini propriamente ereditate dal retaggio clericale; pensiamo ad esempio all’angelo che piscerebbe sulla testa degli avari ed edonisti e guerrafondai: “se io fossi un angelo, non starei mai nelle processioni, nelle scatole dei presepi, starei seduto fumando una Marlboro al dolce fresco delle siepi... sarei un buon angelo, parlerei con Dio, gli ubbidirei amandolo a modo mio gli parlerei a modo mio e gli direi "Cosa vuoi tu da me tu" "I potenti che mascalzoni e tu cosa fai li perdoni" ...ma allora sbagli anche tu" ma poi non parlerei più...”.
Sia Lucio sia Renato hanno innovato il modo di scrivere canzoni e avuto un’ottima maestra di vita, la strada. Questa palestra di vita li accomuna e li rende speciali ed unici.


Pubblicata su "ZEROlandia" il 04/03/2012
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domenica 4 marzo 2012

“Un’altra vita per Shlomo. Intervista all’autore”



Il nuovo libro di Cristian Porcino “Un’altra vita” racconta la vita di Shlomo, un giovane ebreo ortodosso che dovrà fare i conti con la mentalità chiusa e bigotta dei propri genitori e della comunità in cui risiede. Una lettura entusiasmante e coraggiosa che dichiara apertamente, e senza tanti giri di parole che l’amore non ha etichette. Porcino smaschera il voyerismo di facciata che sembra tanto arrovellare i perbenisti dell’ultima ora. Il tema dell’omossessualità è affrontato dall’autore con delicatezza e con spirito filosofico. La narrazione prosegue con tanti episodi suggestivi e densi di liricità in una cornice scenografica accattivante come quella di New York City. Per saperne di più su questo e su altri lavori da lui pubblicati, ho intervistato l’autore che ha gentilmente risposto ad alcune domande.

1) Il suo primo romanzo “Un’altra vita” affronta un tema molto importante come il legame fra religione e sessualità. Perché questa scelta?

«Dunque la scelta è stata dettata dalla spiegazione forse più ovvia. Determinate religioni, se non quasi tutte, hanno mortificato l’aspetto sessuale degli esseri umani. Le loro dottrine hanno sempre incoraggiato il rapporto sessuale solamente in vista della procreazione. Così quando si è dovuto affrontare l’omosessualità, come nel caso del protagonista del romanzo, l’atteggiamneto più comune è stato quello di emarginare ed espungere dal nucleo comunitario d’appartenenza chi, con il proprio comportamento, poteva minare le solide basi tramandate nei secoli da vecchie tradizioni religiose, e superstizioni infarcite da misticismo. La scelta pertanto era, a mio parere, più che doverosa».

2) Cosa l’ha spinta a scrivere una storia come quella di Shlomo?

«La storia di Shlomo nasce diversi anni fa. Purtroppo avevo sempre rimandato l’appuntamento a data da destinarsi, fino a quando non è giunto il momento giusto per fissarla su un foglio di carta. Viviamo, ahimè, in un contesto storico dove l’omofobia appare un fattore ben radicato e mascherato dalla parola “tolleranza”. Dietro questo concetto si può annidare un atto di razzismo ben congegnato. Persino i rappresentati religiosi utilizzano spesso simili parole. Dichiarando pubblicamente di essere tolleranti allo stesso tempo prendano le dovute distanze dal problema. In altre parole è come dire “ti rispetto ma non avvicinarti. Resta al tuo posto”. Questo è un vero controsenso».

3) Perché si è affidato ancora una volta all’autopubblicazione?

«Di editori onesti e coraggiosi in giro ne vedo pochi. Quando scoprono che non sei diposto ad acquistare le copie del libro o a partecipare economicante alle spese di stampa spariscono nel nulla. Francamente non capisco chi snobba così tanto l’autopubblicazione. A dire il vero è molto più nobile investire su se stessi editandosi le opere, piuttosto che partecipare e incrementare le floride finanze di certi tipografi che si spacciano per editori. Anche come critico letterario non stabilisco mai a priori quali libri recensire o no. Prima leggo e poi mi faccio un’idea. Negli ultimi cinque anni ho letto diversi libri autopubblicati davvero interessanti che sono arrivati all’attenzione di alcuni critici grazie alla costanza dei loro autori. Quindi è giunta l’ora di togliere i paraocchi e accantonare questi sterili pregiudizi».


4) Il romanzo è ambientato a New York. Come mai questa scelta?

«Trascorro diversi periodi dell’anno a New York ed è una città a me molto cara. E poi la storia di Shlomo si sposa bene con le immagini della grande mela. Inoltre in quelle occasioni ho avuto modo di osservare da vicino le comunità ebraiche ortodosse in cui ho ambientato la prima parte del libro ».

5) In “La solitudine non va mai in vacanza” (Photocity Edition) ha trattato tematiche piuttosto delicate come le morti sul posto di lavoro, la solitudine e l’ambizione di chi punta troppo in alto come ad esempio il cardinal Thomas Wolsey personaggio storico cinquecentesco della corte dei Tudor. Perché ha puntato su problematiche più ricercate anziché ripiegare nei soliti racconti d’amore?

«Si, in effetti, me lo chiedo anch’io. A parte la battuta, penso che scrivere solamente o principalmente d’amore sia una scelta oltre che scontata, poca fantasiosa. Di solito quando non si sa cosa scrivere si progetta una classica storia d’amore, piena di tradimenti e riavvicinamenti. La letteratura ci ha fornito negli anni validi esempi di opere che sapevano coniugare il sentimento con altro. “Il dolore del giovane Werther”, ad esempio, ci parla della passione che consuma il protagonista ma anche della sua propensione a nascondersi dietro le proprie sensazioni. Nel mio libro ho affrontato diverse problematiche come le morti bianche perché credo che questo sia più importante di una storia trita e ritrita che fa rima con amoruccio e tesoruccio. Per i Tudor invece ho una vera e propria predilezione. Leggo e mi documento da diversi anni sul quel periodo storico. Thomas Wolsey pur essendo una figura di prim’ordine all’interno della corta di Enrico VIII è stato quasi dimenticato dalla storiografia contemporanea. Con il passare del tempo Wolsey è diventato una comparsa di scarso valore».

6) In uno dei racconti de “La solitudine non va mai in vacanza” lei sembra richiamare la tragica scomparsa di Yara. Si è per caso ispirato alla tragedia della piccola di Brembate?

«Sono in tanti ad avermi fatto notare questa cosa. Il caso di Yara mi ha colpito molto e in qualche modo ho tratto ispirazione dalla sua triste vicenda. Però il mio racconto parla di una ragazzina americana Alice che si fida ciecamente di un adulto che con inganno tenta di ucciderla. Di storie come quella di Yara purtroppo ce ne sono tantissime nel mondo, e quasi sempre sono tutt’oggi dei delitti tragicamente irrisolti».


7) Nel saggio “Michael Jackson un uomo oltre lo specchio” giunto già alla seconda edizione, lei fa riferimento alla personalità del daimon interiore elaborata da James Hillman. Ci spieghi meglio?

«Nella sua opera più importante “Il codice dell’anima” Hillman postula l’esistenza all’interno dei nostri corpi di una sorta di daimon interiore che ci guida verso il nostro cammino e realizzazione personale. Nel caso dell’ artista la cosa si fa ancora più interessante. Data la personalità creativa che osserviamo e ammiriamo si fa sempre più presente la scissione fra la loro vera personalità e quella della voce interiore che sul palco si manifesta a 360 gradi. Ecco analizzando la figura complessa di Michael Jackson ho messo in luce determinati aspetti».


8) Proggetti per il futuro?

«Ne ho diversi, ma non le posso dire nulla. Tutto è ancora in fase di progettazione».

Veronica Di Stefano


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giovedì 1 marzo 2012

“Il cimitero di Jim Morrison” di Michelangelo Giampaoli


“Il cimitero di Jim Morrison” di Michelangelo Giampaoli
Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, pp. 360, € 20,00

Per chi come me ha visitato il cimitero parigino di Père-Lachaise il libro di Giampaoli risulta un volume prezioso e ricco di aneddoti storici. Il Père-Lachaise nato nel 1804 è visitato in media ogni anno da più di due milioni di turisti che si avventurano lungo i sentieri di questa celebre necropoli, per rendere omaggio alle tombe di Oscar Wilde, Jim Morrison, Abelardo e Eloisa, Edith Piaf, Allan Kardec, etc,. Giampaoli destreggiandosi con abilità fra testimonianze, leggende metropolitane e fatti realmente accaduti ci restituisce l’immagine non edulcorata di uno dei luoghi più famosi ed evocativi d’Europa. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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