domenica 29 marzo 2009

“Io, il Pinocchio di Comencini “ di Andrea Balestri


Nell’aprile del 1972 milioni di telespettatori italiani assistettero alle avventure del burattino più famoso del mondo. “Io, il Pinocchio di Comencini “ di Andrea Balestri e a cura di Stefano Garavelli per Sassoscritto Editore è la prima biografia scritta proprio da Pinocchio in carne e ossa. Perché quando dici Pinocchio ti viene subito in mente l’immagine di Andrea Balestri, che è stato il ciocco di legno più amato di tutti i tempi grazie al ruolo ricoperto nel film capolavoro di Luigi Comencini. Nel cast dell’omonimo film vi erano attori del calibro di Nino Manfredi che interpretava Geppetto , Gina Lollobrigida la fata turchina, Franco e Ciccio nei rispettivi ruoli de Il Gatto e la volpe, etc. Nel libro in questione Balestri si confessa con il cuore in mano ad un pubblico che non lo ha mai dimenticato e che tutt’oggi sente la necessità di raccontargli quando sia stata importante la sua interpretazione. Leggendo questo libro si scoprirà dei rapporti tormentati del piccolo Andrea con la Lollo, oppure del legame speciale avuto con il mitico comico Franco Franchi, e molto altro. Comencini rimase affascinato da questo ragazzino tanto da scatenare una gelosia nella figlia Cristina che firma la prefazione di questo libro e che nel tempo è diventata una delle registe italiane più apprezzate non solo in patria. Come recita il sottotitolo, questo libro è un dietro le quinte di una vita da burattino. Il libro emoziona e affascina per via della semplicità con cui è stato scritto. Non è una biografia redatta da un giornalista di mestiere ma da un uomo che dopo esser diventato popolare ha faticato non poco a scrollarsi di dosso il ruolo del burattino collodiano. Subito dopo il periodo d’oro del cinema è iniziato un percorso verso la propria emancipazione dai ruoli predefiniti per diventare un uomo maturo e padre di due figli. Il testo per altro è corredato da moltissime fotografie scattate sul set del film e alla fine si trova una guida dettagliata ai luoghi che hanno fatto da scenario al Pinocchio di Comencini. In definitiva Andrea Balestri ha avuto il merito di rendere vivo il personaggio più bello di tutte le fiabe, grazie alla maestria di un regista come Comencini. Nessuno dopo il suo sceneggiato televisivo è riuscito a toccare gli animi della gente. Nemmeno il buon lavoro di Roberto Benigni ha eguagliato la fiction rai. Nella ricorrenza dei 70 anni dell’uscita del cartoon Disney di Pinocchio in versione totalmente restaurato, si susseguono diverse manifestazioni in onore del burattino ideato da Carlo Lorenzini in arte Collodi. E quale migliore tributo al celebre racconto, che pensate si contende il primato con la Bibbia per il più alto numero di traduzioni al mondo, se non la lettura di un libro come quello di Balestri; dove rivivremo insieme ad Andrea le sensazioni e le atmosfere che caratterizzarono quel capolavoro filmografico di fama internazionale.

Cristian Porcino

sabato 28 marzo 2009

“Il curioso caso di Benjamin Button” di Francis Scott Fitzgerald


Chi ha assistito alla trasposizione cinematografica de “Il curioso caso di Benjamin Button” per la regia di David Fincher e con l’attore Brad Pitt, troverà nella lettura di questo breve racconto di Francis Scott Fitzgerald, ben poco di quanto narrato dal film. Difatti la sceneggiatura è stata realizzata dal bravissimo Eric Roth che ha saputo conferire maggiore spessore alla novella ideata da Fitzgerald. La casa editrice Guanda attraverso l’ausilio della graphic novel e alle illustrazioni di Kevin Cornell, ha pubblicato questo delizioso racconto in una edizione davvero elegante ed imperdibile. Il Benjamin Button del libro, che fu pubblicato nel 1922, paradossalmente cercava di portare all’attenzione del pubblico il tema della diversità. Fitzgerald scrittore validissimo e autore per altro dell’opera “Il Grande Gatsby” immaginò che potesse venire al mondo un bambino già adulto con l’aspetto esteriore di un settantenne. A causa di ciò in un primo momento Benjamin sarà rifiutato ed emarginato da tutti; persino dalla famiglia. Mentre il Benjamin Button cinematografico benché sia stato abbandonato dal vero padre sulle scalinate di una casa di riposo, viene adottato da una donna di colore che lo ama e lo rispetta. In quella casa in cui tutti sono già vecchi non si bada molto ad un altro “anziano” che però tale non è. Sia per quanto concerne il film che per quanto riguarda il racconto, ci troviamo davanti a dei lavori più che meritevoli. Dopo aver assistito alla proiezione del film di Fincher è pressoché impossibile stabilire chi tra Fitzgerald e Roth abbia amato di più il personaggio di Button. In definitiva ottimo l’adattamento di Nunzio DeFilippis e Christina Weir per questa particolare edizione de “Il curioso caso di Benjamin Button”.


Cristian Porcino

giovedì 26 marzo 2009

“Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394). Costantino, la conversione, l’impero” di Paul Veyne



“Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394). Costantino, la conversione, l’impero” di Paul Veyne ed edito da Garzanti è un saggio storico e antropologico sulla nascita dell’impero cristiano. Molti storici hanno più volte espresso le loro perplessità sulla conversione dal paganesimo al cristianesimo dell’imperatore Costantino. Si è dubitato persino dell’autenticità della fede dell’imperatore. Veyne storico e archeologo francese di fama internazionale, ci introduce nel mondo aggrovigliato e complesso della svolta fideistica costantiniana. Grazie al suo editto di tolleranza e al culto personale verso la religione cristiana, la chiesa troverà col tempo la propria legittimazione. Paul Veyne non credente, cerca nella prima sezione di capire come una setta minoritaria quale poteva considerarsi all’epoca il cristianesimo potesse in qualche modo affascinare un imperatore come Costantino. Lo stesso autore afferma che la novità rappresentata dai cristiani, consisteva proprio nel rapporto unico che essi avevano con il loro dio onnipotente e misericordioso, sempre attento alle preghiere del suo popolo. Questo ben si addiceva a rappresentare e a valorizzare la carica imperiale di Costantino, e quindi il suo ruolo politico nel contesto sociale. “Il Dio di questo conquistatore, è stato scritto, era prima di tutto un protettore onnipotente. Certo, ma qui non è solo questione di superstizione, bensì di megalomania: come Napoleone, Costantino credeva nella sua stella e il cristianesimo è stato per lui un amuleto. Non per questo era meno cristiano; egli riponeva le sue speranze in una Provvidenza solo perché credeva in Dio”. Difatti Veyne cerca di spiegare la devozione che si è andata ampliando verso la vergine Maria; chiunque sapeva di poterLe confidare le proprie afflizioni, mentre i pagani ad Era (Giunone) non avrebbero mai aperto il proprio cuore considerata la sua indifferenza ai mali del mondo. Nel 312 Costantino nella notte che precedeva la battaglia di ponte Milvio contro il rivale Massenzio, ebbe un sogno in cui gli si rivelò il segno cristiano del crisma che lo avrebbe condotto verso la vittoria : “In hoc signo vinces”. Naturalmente Veyne non crede affatto a questa ricostruzione e presuppone che già nel 310 l’imperatore avesse incubato i germi della rinascita cristiana. Costantino tornato vittorioso grazie alla nuova religione tollererà il culto pagano nel suo impero pur non perdendo occasione di disprezzarlo appena gliene giungesse occasione. La popolazione era per il 90% pagana e solo il 10% cristiana. In chiusura del testo Paul Veyne avanza delle riflessioni ben ponderate sul perché non bisogna appellarsi oggi alle radici cristiane d’Europa poiché: “L’Europa non ha radici, né cristiane né di altro tipo, si è formata attraverso stadi imprevedibili, infatti non ha una componente originale in particolare. Non è preformata nel cristianesimo, non è lo sviluppo di un germe, piuttosto è il risultato di un’ epigenesi. Lo stesso può dirsi per il cristianesimo”. In definitiva questo è un libro eccellente poiché riesce ad indagare un fatto storico come la nascita del cristianesimo e la conversione dell’imperatore, grazie anche all’ausilio di discipline affini come la psicologia, sociologia, filosofia, ecc,. Ottima la traduzione dell’opera a cura di Emanuele Lana. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino

martedì 24 marzo 2009

“Twilight: il Backstage del film” di Mark Cotta Vaz


Dopo il notevole successo riscosso prima in libreria e poi al botteghino, Twilight diventa un libro fotografico che racconta proprio il backstage del film e scritto per l’occasione da Mark Cotta Vaz per Fazi Editore. Il libro descrive la nascita del film e di conseguenza si occupa della scelta della regista, degli attori, etc. Ad esempio prima che il mondo venisse “contagiato” dal successo della saga twilightiana, il soggetto scritto da Sthephenie Meyer era già stato preso in considerazione per divenire un’opera cinematografica. Il film diretto dalla regista Catherine Hardwicke, è davvero suggestivo, perché riesce a trasporre sullo schermo il fascino maledetto del vampiro Edward Cullen innamorato di Bella. Questa storia d’amore non ha sortito un fascino solo e soltanto sui teenagers, ma anche in coloro i quali solitamente sono degli appassionati di film romantici. La Hardwicke ha dato vita ad un film minimalista, eccellente sotto il punto di vista cinematografico; cosa non facile quando si affronta una storia già nota a gran parte del pubblico per via dei libri pubblicati. In effetti la storia di Twilight pur occupandosi di vampiri, analizza in forma romanzata la fenomenologia dell’amore e al contempo la sua vulnerabilità. Quando siamo innamorati non valutiamo i pro e i contro del sentimento che proviamo per qualcuno; ci sentiamo fortemente attratti dall’altro senza ragionarci troppo. IsaBella Swan si sente coinvolta da Edward; ma quest’ultimo dovrà fare i conti con la propria natura di vampiro. “Twilight: il Backstage del film” è davvero intrigante, perché svela particolari nascosti agli appassionati del film, e incuriosisce anche il lettore che non ha voluto vedere il film perché magari viziato da stupidi pregiudizi. A mio avviso il libro non è stato tradotto in maniera egregia. Certi passaggi risultano contorti e privi di una sintassi grammaticale. Comunque sia dopo la lettura del presente volume dubito fortemente che si potrà rimanere indifferenti alla storia descritta in Twilight.


Cristian Porcino

lunedì 23 marzo 2009

“11 Novembre 2007 –L’uccisone di Gabriele Sandri una giornata buia della Repubblica” di Maurizio Martucci


L’11 novembre 2007 presso l’area di servizio Badia al Pino Est (Arezzo) si consuma l’assassinio del giovane ventiseienne Gabriele Sandri per un colpo esploso dalla pistola dell’agente di polizia Luigi Spaccarotella. La notizia della morte del giovane Sandri si diffonde in maniera distorta con l’intento di associare tale delitto al mondo del calcio. A questa incongruenza, come ad altre tenta di porre rimedio il libro scritto da Maurizio Martucci “11 Novembre 2007” per Sovera Editore. Il saggio in questione ricostruisce la vicenda che precede e succede l’uccisone di Gabriele Sandri. Martucci senza tralasciare nulla, assembla una descrizione dei fatti ineccepibile. Lo sgomento per la morte di un giovane uomo si fa più evidente, quando a ciò si assomma il silenzio delle istituzioni che consapevoli del coinvolgimento di un tutore dell’ordine tentarono di distogliere l’attenzione dei mass media da questo non indifferente particolare. Alla fine del libro Martucci intervista l’avvocato Cristiano Sandri nonché fratello della vittima. Dalle parole di Cristiano Sandri si apprende del dolore di una famiglia che ha perso un fratello e un figlio esemplare senza aver ricevuto fino a quel momento alcuna vera giustizia da parte degli organi preposti. L’agente Spaccarotella reo presunto di aver stroncato la vita di Gabriele Sandri non ha mai subito, prima di adesso, un procedimento disciplinare, ma è stato semplicemente trasferito in zone diverse da quelle dove era accaduto il fatto. Il libro pone anche degli interrogativi importanti, come ad esempio il perché non bisogna processare un uomo facente parte di un corpo armato come la polizia per paura di screditare l’intera rappresentanza. Proprio in questi giorni è iniziato il processo a carico dell’agente Spaccarotella per il reato di omicidio volontario, così come stabilito dal gup di Arezzo, Luciana Cicerchia. Pertanto consiglio la lettura di questo libro, primo perché non bisogna porre nel dimenticatoio la morte insensata di un ragazzo, e poi perché acquistando il libro si contribuirà alle attività della “Fondazione Gabriele Sandri”.


Cristian Porcino

Musica e filosofia, gli ingredienti del nuovo libro di Cristian Porcino


domenica 22 marzo 2009

“Nel segno di Kali” di Carlo Buldrini



“Nel segno di Kali – Cronache indiane” di Carlo Buldrini per Lindau Edizioni, è un libro molto interessante ed intrigante. Come scriveva il premio Nobel per l’economia Amartya Sen: “ La mia vecchia insegnante Joan Robinson diceva: «Qualunque cosa tu dica dell’India, è vero anche il contrario». Difatti la descrizione dei luoghi, dei personaggi e della cultura resa nel testo in questione da Buldrini, è lontana dai soliti stereotipi che circolano sull’India. Buldrini che ha vissuto in India per più di 30 anni, lavorando come giornalista e insegnante, ha avuto modo di approfondire gli aspetti più nascosti di questa terra, nonché alcuni fatti di cronaca di inaudita ferocia e violenza. Ad esempio l’autore ci dà notizia della situazione di molte donne indiane, che non solo non sono ben accette sin dalla nascita ma una volta sposate o in età da marito a causa della dote possono essere assassinate dai suoceri o dal futuro consorte proprio per una dote ritenuta non sufficiente. Naturalmente la polizia locale provvede ad archiviare l’indagine come suicidio. Andando avanti con la lettura scopriamo la vicenda della regina dei banditi una certa Phoolan Devi con alle spalle persino 66 mandati di arresto. Inoltre Buldrini indaga attraverso delle ricostruzioni avvincenti e a delle interviste da lui stesso realizzate, gli omicidi del Mahatma Gandhi, Indira Gandhi e suo figlio Rajiv. L’autore pur amando molto la terra indiana non le risparmia critiche; ad esempio quando analizza l’assurda suddivisione della popolazione in caste. Chi ha la sfortuna di nascere “intoccabile” sarà destinato a vivere una vita da reietto e miserabile. Qualora si provi ad inficiare questa retrivia e persistente suddivisione razzista che purtroppo non dispiaceva nemmeno a Gandhi, si rischia di morire in modo violento. Davvero molto toccante il capitolo in cui l’autore incontra per una intervista il filosofo Krishnamurti. Le sue risposte così come i suoi pensieri sono da considerarsi perle di saggezza. Proprio in questi giorni è apparso su diversi giornali la notizia che in India è stata boicottata l’idea di erigere una statua in onore del regista e attore Charlie Chaplin; soltanto perché alcuni fondamentalisti indù non vogliono l’effige di un uomo che fu di religione cristiana. In definitiva le “cronache indiane”di Buldrini, assumono di diritto un posto più che rilevante, per chi voglia studiare e comprendere realmente un paese affascinante e misterioso come l’India. Perché questa terra bellissima, ammantata di spiritualità e di forti richiami cosmogonici, trova il proprio punto focale nella dea Kali. Proprio la dea raffigurata nella copertina che come si legge nel testo: “è la manifestazione dell’Assoluto. L’Assoluto è la sola realtà. L’Assoluto è unico, identico nell’uomo e nel cosmo. Abbandonarsi a Kali significa la fine del proprio io, la fine di ogni dualismo”. Pertanto consiglio vivamente la lettura di questo libro perché accompagnerà il lettore verso la scoperta di una India inesplorata.

Cristian Porcino

giovedì 19 marzo 2009

“ Compagna Marilyn” di Mario La Ferla



Cosa accadde realmente la notte del 04 agosto 1962 nella villa di Brentwood a Los Angeles dove morì misteriosamente l’attrice Marilyn Monroe? Il suo fu veramente un suicidio come vollero farci credere oppure la Monroe fu assassinata affinché l’attrice non rivelasse alcuni segreti di Stato?
A questi e ad altri interrogativi tenta di dare una risposta il giornalista Mario La Ferla con la pubblicazione di un ottimo saggio dedicato alla star hollywoodiana e dal titolo” Compagna Marilyn per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri Edizioni.Il libro di La Ferla sin dalle prime pagine rapisce il lettore per l’esposizioni di tesi e di fatti che sono molto convincenti. L’autore sa come tener viva la storia fino alla fine; e nel testo esamina con una meticolosità estrema la vita di Norma Jean in arte Marilyn Monroe, attrice di cinema ammirata e amata nel mondo; ma invisa dai potenti che la corteggiavano e la desideravano. Famose sono le liaison d’amore della Monroe con soggetti come Frank Sinatara, il boss mafioso Sam Gincana, per non parlare della storia avuta con il presidente Kennedy e con il fratello Bobby. Attraverso “Compagna Marilyn” Mario La Ferla come un novello Virgilio ci guida nel girone infernale della Hollywood degli anni’50 e ’60; quando chi era sospettato di appartenere al partito comunista veniva inserito in una black list dall’ FBI diretta da Edgar Hoover. Anche Marilyn fu individuata come probabile spia comunista e qualcuno sentì la necessità di farla probabilmente fuori. Mario La Ferla giornalista dell’Espresso, ha dato vita ad un eccellente saggio, scritto con competenza e soprattutto ricco di dettagli e particolari che restituiscono un quadro generale della morte sospetta di una icona del cinema a stelle e strisce come fu Marilyn Monroe. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino

“L’Inferno di Elisabeth” di Allan Hall



Dove inizia il confine che separa l’umanità dalla brutalità? Come si può tenere segregata la propria figlia in uno scantinato per 24 anni, abusando sessualmente di lei? Ebbene nell’aprile del 2008 il mondo intero venne sconvolto dalla terribile storia del mostro di Amstetten (Austria): Josef Fritzl. Il giornalista Allan Hall racconta in uno splendido quanto sconvolgente volume l’intera storia e dal titolo “L’Inferno di Elisabeth” per Sperling & Kupfer Editore. Leggendo le pagine di questo libro si è pervasi da una repulsione, da un senso di disgusto che si intensifica quando si legge dell’agire di un padre – carnefice, che progetta uno scantinato per imprigionare la propria figlia e violentarla fino a soddisfare i propri impulsi animali. Per ventiquattro anni (sparì il 28 agosto 1984) Elisabeth visse senza sapere nulla del mondo circostante, trovando la sua ragion di vivere nei figli nati dal rapporto incestuoso intercorso con il padre. Una storia quella descritta da Allan Hall che nemmeno i fratelli Grimm o il marchese De Sade avrebbero mai immaginato di raccontare ai propri lettori. Joseph Fritzl, era un uomo e padre esemplare davanti alla comunità, ma mostro perverso nel privato. Traumatizzato dal nazismo vissuto da piccolo nella sua Austria, fu contagiato dall’aura negativa e sinistra del Reich, e di Hitler. Proprio seguendo e appassionandosi ai loro esperimenti progettò questo scantinato che avrebbe tenuta segregata la figlia, separata da ben otto porte semi-elettroniche con codici che soltanto lui poteva attivare e disattivare. Fritzl non era un pazzo, ma come è scritto nel libro: “ci vuole una mente di incalcolabile crudeltà per costruire una cosa simile, e questo andrà a detrimento della sua difesa basata sull’infermità mentale, perché è chiaro che tutto è stato fatto con premeditazione”. L’autore del libro conduce con ritmo avvincente il lettore dentro una delle storie più terrificanti che siano mai state commesse. Proprio quest’oggi la corte d’assise di Sankt Poelten (Austria) ha condannato Josef Fritzl all’ergastolo che sconterà in un ospedale psichiatrico.

Cristian Porcino

Marco Travaglio conquista il pubblico catanese con il suo “Promemoria”




(Catania) Mercoledì 18 marzo alle 21:15 il giornalista Marco Travaglio è andato in scena al teatro Metropolitan con il suo spettacolo sociale “Promemoria: 15 anni di storia d’Italia ai confini della realtà” e organizzato per l’occasione da Promo Music; la stessa compagnia che da qualche anno promuove per tutta la penisola spettacoli validissimi sotto ogni profilo e che hanno visto in scena intellettuali del calibro di Augias, Odifreddi, Moni Ovadia, ecc. Nell’arco di più di tre ore Marco Travaglio ha affrontato la degenerazione politica che ha afflitto e continua a flagellare questo paese partendo proprio da Tangentopoli. Il tutto intervallato da siparietti musicali originali e particolari, eseguiti dal vivo e a cura dei C-Project (Valentino Corvino e Fabrizio Puglisi). Come dice in apertura Travaglio la prima Repubblica si conclude con lo scandalo di mani pulite e le stragi sanguinolente che hanno visto morire illustri martiri della giustizia. Travaglio inizia il suo monologo teatrale raccontando della corruzione del governo Craxi fino ad arrivare all’ascesa politica dell’attuale presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
“Bettino Craxi da morto rimane latitante non esule; forse un po’ più fermo di quando era in vita ma sempre latitante!” afferma Travaglio con la sua ironia pungente e sferzante. Ascoltando la dialettica impeccabile e persuasiva di Travaglio gli spettatori rimangono inchiodati alla poltrona pur maturando una consapevolezza mista a sdegno su quanto così limpidamente espresso dal giornalista torinese. Lo stesso in apertura si chiede perché mai sia stato rimosso dalla coscienza pubblica tutto ciò che di negativo ha segnato la prima Repubblica; forse perché nessuno ha più voglia di imparare quanto accaduto. Il pubblico presente in sala era composto da moltissimi giovani; i quali hanno assistito forse alla loro prima vera lezione di storia contemporanea. Si sa che all’università italiana nella disciplina che studia la contemporaneità certe tematiche non vanno menzionate, considerato che trova spazio fra queste cronache il baronaggio e vassallaggio dei professori universitari; si legga in tal senso il libro di Carlucci e Castaldo “Un paese di Baroni”. Durante lo spettacolo il giornalista televisivo più ammirato d’Italia prova a porre rimedio ad una piaga sociale quale è l’indifferenza. Travaglio durante il suo teatro-conferenza si pone il problema di come sia potuto accadere che una Repubblica iniziata nel migliore dei modi con personaggi politici di un certo spessore morale e culturale quali: Berlinguer, De Gasperi, Moro, Pertini siano poi stati rimpiazzati da certi colleghi con alle spalle curriculum pieni zeppi di condanne per associazioni mafiose e simili, cadute misteriosamente col tempo in prescrizione. In una democrazia occidentale quale è quella italiana può mai verificarsi che il suo primo ministro e l’intero suo governo continuino a costruirsi delle leggi volte non al bene pubblico ma a scansare i propri guai giudiziari? Fra leggi “ad personam” e “ad cadaveram”, il teatro dell’oscenità italiana e delle sue miserie messo in scena da Marco Travaglio pone un quesito importante:« Fino a quando gli italiani saranno disposti a sottacere all’impunità di chi li governa?». Ottima occasione per riflettere in tal senso è proprio assistere al suo spettacolo realtà. Diceva il compianto Enzo Biagi: “Il cavaliere, negli ultimi cinque anni, ha tentato di cambiare Costituzione all’Italia. E come tutti i grandi comunicatori, o meglio i grandi venditori, è riuscito a far breccia in mezzo Paese”. Grazie a Marco Travaglio il pubblico in sala ritrova il coraggio di riappropriarsi di una identità italiana vilipesa e scalfita proprio dalla classe politica esistente; sia di destra che di sinistra. Travaglio ritrae lo squallore politico in modo eccellente proprie perché non risparmia nessun schieramento; poiché come diceva Indro Montanelli:“I nostri uomini politici non fanno che chiederci un atto di fiducia. Ma qui la fiducia non basta: ci vuole l’atto di fede”. Travaglio ha esortato il pubblico presente in sala a risvegliarsi dal torpore morale in cui l’Italia sembra ormai essersi assuefatta, attraverso la lettura di opere come quelle di Saviano, Stella, Rizzo, etc. Sul finale tante risate in occasione della lettura, da parte di Travaglio, di alcune celebri gaff del premier Berlusconi: “Gli sbarchi dei clandestini si sono ridotti del 247 per cento”!; nonché applausi ripetuti e scroscianti per il paladino della corretta e giusta informazione quale è Marco Travaglio.




Dott. Cristian Porcino

sabato 14 marzo 2009

“Woody Allen e New York” di Ursula Boschi



“Woody Allen e New York” di Ursula Boschi edito da Maremmi Firenze Libri è uno dei pochi lavori in circolazione sul geniale regista americano davvero degno di nota. L’autrice nel presente saggio non si occupa solamente delle opere cinematografiche di Allen ma analizza attraverso accurate riflessioni il legame del regista con la città di New York; per far ciò si serve della storia di questa straordinaria metropoli. Personalmente ho vissuto per un certo periodo a New York e devo dire che mi sono riconosciuto nell’analisi sociologica realizzata dalla Boschi. Caratteristica importante del testo e della filmografia alleniana è il legame che il regista ha con “la grande mela”. New York e l’isola di Manhattan diventano non solo degli scenari naturali in cui far muovere i personaggi principali delle storie raccontate da Allen; ma protagonisti assoluti della visione introspettiva che ha reso unici i suoi film. Assistere alla visione di un film di Woody Allen può assumere diversi significati; ad esempio capire la lunga storia d’amore che lo lega a New York, se pur con le sue mille sfaccettature. Allen inserisce spessissimo nei suoi racconti alcune tipiche nevrosi dei suoi abitanti. Lo stesso personaggio che di solito lui interpreta è quasi sempre un intellettuale di fama, ma complessato, nevrotico, ipocondriaco. Questo grande amore per New York, nasce e si sviluppa durante l’infanzia del regista che ha abitato e vissuto a Brooklyn per gran parte della sua adolescenza, sognando e guardando Manhattan come l’apice di perfezione assoluta. Allan Stewart Königsberg, vero nome di Woody Allen, avvertiva di vivere in un ambito socio familiare non all’altezza, forse delle proprie aspettative. La Boschi riesce a cogliere delle sfumature che soltanto chi ha vissuto a New York può intendere fino in fondo. Allen newyorkese doc, non cerca di trasportare sulla pellicola la città così come è nella sua concretezza; ma bensì come la vede lui stesso. La New York dei suoi primi film non è di certo una città reale ma come scrive la stessa Boschi: “l’intento di Woody Allen nel mostrare una città finta, non era quello di documentare una situazione privilegiata rispetto ad altri luoghi, ma era il frutto di una visione fanciullesca e utopica di un ideale di città”. Col tempo Woody Allen, iniziò a descrivere New York in maniera leggermente diversa. In “Harry a Pezzi” ciò si avverte maggiormente, così come in “Celebrity” o in “Criminali da strapazzo”. Fortunatamente il genio di Woody Allen è riuscito con gli anni a ricostruire sullo schermo una sorta di cronistoria della metropoli americana. I suoi film ricordano per certi aspetti il lavoro intrapreso dal pittore impressionista Claude Monet, che volle dipingere la facciata della cattedrale di Rouen in anni e momenti diversi per sottolineare che benché il soggetto ritratto sia sempre lo stesso, ciò che gli ruota intorno subisce delle modifiche inimmaginabili; celebre la frase scritta dall’artista: “Tutto cambia, persino le pietre”. Nel caso di Woody Allen non abbiamo la cattedrale di Rouen ma New York, da lui dipinta in moltissimi capolavori cinematografici. Si può dedurre quanto detto dall’incipit del film “Manhattan”: “…Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea……New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata”. Effettivamente buona parte dei suoi film sono stati ambientati lì , anche se durante il secondo mandato dell’era Bush, sia per motivi politici, sia perché le location newyorkesi costavano molto, Allen ha girato i suoi ultimi film in Europa più precisamente a Londra (“Match Point”, “Scoop” e “Cassandra's Dream”) e l’ultimo “Vicky, Cristina, Barcellona” in Spagna. Dopo l’elezione presidenziale di Barack Obama Woody Allen si è deciso a tornare a girare nella sua amata città feticcio, e proprio quest’anno uscirà nelle sale cinematografiche il film “Whatever Works”. In definitiva il libro di Ursula Boschi merita di essere acquistato e letto perché è un lavoro ben scritto e soprattutto ben documentato. Il libro è consigliato non solo agli ammiratori di Woody Allen ma a chi vuol saperne di più sulla storia di New York City.

Cristian Porcino

venerdì 13 marzo 2009

Marcello Lippi “Il gioco delle idee”



Marcello Lippi, allenatore di fama mondiale grazie ai successi ottenuti prima con la Juventus e poi con la nazionale dove ha guidato l’Italia alla vittoria dei mondiali di Germania 2006, ha deciso di raccogliere in un libro le proprie impressioni e idee riguardo “la filosofia del lavoro” che si cela dietro il calcio e non solo.“Il gioco delle idee – pensieri e passioni a bordo campo” per Editrice San Raffaele, è scritto con un linguaggio impeccabile. Lippi è molto attento e accurato anche nell’uso della terminologia e questo ci fa intravedere persino la meticolosità con cui allena i suoi giocatori. In questo saggio l’autore ci spiega come si gestisce una squadra intesa come un gruppo unitario, una sorta di “famiglia allargata” in cui ogni giocatore è funzionale all’altro. Poi Marcello Lippi racconta come si ottiene e si professa l’autorevolezza dell’allenatore senza farla scadere in un diktat di scarso valore morale e professionale. Altro aspetto interessante del testo è la differenza che Lippi fa tra “campioni” e “fuoriclasse”. I primi sono dei portenti calcistici ma votati ad inseguire per lo più battaglie solo personali; mentre i secondi sono determinanti in una squadra poiché rappresentano elementi di coesione fuori e dentro il campo. “Il gioco delle idee” è un libro atipico, poiché tratteggia una “filosofia del calcio” senza scendere mai nella sterile discussione di regole e regolette tecniche. Libro utile agli sportivi e non.

Cristian Porcino

giovedì 12 marzo 2009

“La Guida 2009 agli editori che ti pubblicano” a cura di Leonardo Pappalardo



“La Guida 2009 agli editori che ti pubblicano” a cura di Leonardo Pappalardo per le edizioni Delosbooks, permette all’aspirante scrittore di destreggiarsi facilmente, attraverso la consultazione dell’elenco alfabetico di 300 case editrici interessate alla produzione di autori italiani. Basterà scorrere l’indice per andare a visionare quale genere pubblica quell’editore piuttosto che quell’altro. Ma il volume di Pappalardo contiene anche importanti risposte su cosa richieda un editore all’autore per la pubblicazione dell’opera; ad esempio: acquisto copie o partecipazione alle spese di stampa? Come dice infatti lo stesso Leonardo Pappalardo nella sua introduzione: “Come potrete constatare osservando le schede di tutti gli editori, sono davvero poche le case editrici che hanno dichiarato di non richiedere nessun tipo di contributo da parte degli autori”. Queste parole così come l’intero volume mi consentono di fare alcune considerazioni sull’editoria italiana.
Nonostante un buon critico letterario si impegni nel promuovere le opere di autori emergenti, pubblicate dalle piccole e medie case editrici; la realtà massmediale annulla ogni sforzo intrapreso.
La stragrande maggioranza degli italiani, che non sono di certo un pubblico di lettori, leggicchia ciò che gli viene propinato dalla tv e dai giornali. Basta prestare attenzione a cosa leggono le persone nelle metrò, negli autobus, ecc, per notare che non hanno fra le mani un libro di qualche autore emergente. Si tende a dare totale credibilità soltanto ai soliti nomi che da anni non producono più opere degne del loro nome; ma vivono semplicemente di rendita. Se si vuole leggere qualcosa di veramente interessante, non lo si dovrà ricercare nell’editoria stranota ma bensì in quella alternativa.
La cosa che uccide la cultura di questo paese è lo scarso interesse mostrato dallo Stato verso il mondo dei libri. Così accade che giovani e promettenti scrittori dopo aver realizzato un buon libro, proveranno ad inviare i loro manoscritti a quegli editori che contano. Ebbene potranno ritenersi fortunati se riceveranno una lettera di risposta, in pratica un prestampato con le solite frasi: “la ringraziamo per averci sottoposto il suo manoscritto, ma il suo lavoro non rientra nella nostra linea editoriale”. Così il giovane autore scoraggiato, dovrà necessariamente ricorrere all’editoria a pagamento; che puntualmente, pubblicherà la qualunque cosa, sotto lauto compenso. Ma zitti, non ditelo a questi benefattori, pardon editori, perché vi diranno che selezionano accuratamente il materiale da pubblicare.
L’editoria a pagamento è un cancro che uccide la cultura e la genialità di chi scrive. E poi non è così edificante ammettere di aver dato dei soldi a un tizio, ossia ad un editore, per vedere concretizzata la tua opera in un vero libro. Chi è un vero editore, è pronto a scommettere per il suo cavallo vincente, senza chiedere alcun contributo in cambio. Naturalmente sono in pochi a farlo e molti autori vengono a contatto con realtà non piacevoli. Ci sono grandi editori che vogliono sapere soltanto il titolo, e certe volte senza aver richiesto l’invio di una sinossi, si assiste alla bocciatura dell’idea proposta. In base a quale criterio si fa ciò? Semplice non si possiede la raccomandazione giusta per poter essere ammessi alla corte dei privilegiati. L’importante è pubblicare i soliti volti noti della tv, che considerata la professione che svolgono – di certo non quella di scrittori – potranno sponsorizzare liberamente la propria opera (siamo sicuri che sia realmente la loro?!). Per non parlare di tutti quei giornalisti che sfornano diversi libri all’anno solo e soltanto perché appartengono ad una “casta giornalistica” ben precisa.
Altra cosa che mi fa davvero innervosire è l’inettitudine di certi librai. Il loro compito non è solo quello di avere quel dato libro per poi tenerlo in magazzino ad ammuffire; ma promuovere i meno conosciuti, mettendoli in vetrina accanto a quelli più noti. Questo è fortunatamente capitato a me con i miei libri. Quale senso ha esporre i soliti autori che hanno la fama a precederli a prescindere dalla valenza artistica dell’opera pubblicata? Questi “lord” della letteratura hanno già un pubblico che li acquisterà in automatico. Quindi se le cose in Italia continuano ad andare male nel settore editoriale è proprio perché gli addetti ai lavori non svolgono quasi mai il loro compito. Inclusi alcuni critici letterari che si ostinano a voler recensire soltanto i libri pubblicati dai vari: Mondadori, Rizzoli, Einaudi, etc. Questo perché alcuni di loro bramano un giorno di pubblicare con le potenti major editoriali i propri lavori e quindi cercano di ingraziarsi gli editori attraverso la piaggeria. Pertanto “La Guida 2009 agli editori che ti pubblicano” a cura di Leonardo Pappalardo è un valido contributo per non cadere nelle mille e insidiose trappole dell’editoria italiana.
Cristian Porcino

martedì 10 marzo 2009

“Una guida per la famiglia alle Cronache di Narnia” di Christin Ditchfield



“Una guida per la famiglia alle Cronache di Narnia” di Christin Ditchfield per Alfa & Omega Edizioni, ha lo scopo di guidare il lettore all’interno dei rimandi biblici di cui è intessuta la storia creata da Clive Staples Lewis. Quest’ultimo diede vita ad un classico letterario per l’infanzia che è appunto “Le cronache di Narnia” e composto dai rispettivi libri (Il leone, la strega e l’armadio, Il principe Caspian, Il viaggio del veliero, La sedia d’argento, Il cavallo e il ragazzo, Il nipote del mago, L’ultima battaglia). L’autrice del presente volume come prima cosa si rivolge non ad un gruppo eterogeneo di persone ma soprattutto verso coloro che hanno letto i 7 libri che compongono la saga. Secondariamente non è un libro rivolto a tutti, poiché è chiaro l’intento della scrittrice, ossia quello di far accostare maggiormente al cristianesimo i lettori che dovrebbero essere in teoria già credenti. Ora il libro della Ditchfield è lodevole per quanto riguarda l’accurata conoscenza dimostrata sia della Bibbia, che della storia raccontata da Lewis; anche se però a tratti sembra forzato l’accostamento e il parallelismo di certi passi biblici ed evangelici. E’ chiaro che Lewis ateo per gran parte della sua vita, scrisse “Le cronache di Narnia” per celebrare la fede ritrovata nel cristianesimo. Ed è altrettanto evidente che C.S. Lewis conosceva attentamente le scritture. Quindi non si fatica a credere che l’Aslan di Narnia non sia altro che il Gesù dei cristiani. Però non è possibile riscontrare nella saga lewisiana soltanto una riproduzione minuziosa e minimalista, della mitologia biblica. Così affermando si mortifica la potenza immaginifica che ha guidato Lewis durante la stesura del suo capolavoro. Proprio perché Lewis aveva avuto dei trascorsi da miscredente è impensabile che abbia voluto scrivere una storia rivolta esclusivamente ai cristiani di tutto il mondo. Sarebbe riduttivo ragionare in tal modo. La Ditchfield conosce, come già accennato, alla perfezione le cosiddette “sacre scritture”, ma ciò non basta per dimostrare e spiegare tutta la vicenda che vive e si sviluppa in Narnia. La sua passione e il suo coinvolgimento emotivo nonché il suo anelito religioso la spingono forse, verso una forma di intransigenza nei confronti dei non credenti; o per dirla con le parole di Narnia, verso coloro che abitano “la terra delle ombre”. Questo purtroppo è il limite dell’opera; poiché la sua autrice nell’interpretare l’escatologia narniana ipotizza che Lewis immagini un destino finale diverso per quegli individui non appartenenti alla religione cristiana. Ciò sarebbe il culmine del fanatismo e dell’integralismo di Lewis. A tratti la Ditchfield ricalca le posizioni oltranziste e poco condivisibili adottate già dalla chiesa cattolica nella dichiarazione “Dominus Jesus” del 2000. Non bisogna dimenticare che lo stesso Lewis fu accusato da molti suoi colleghi scrittori di aver utilizzato una fiaba per plagiare e in un certo qual modo fare proselitismo fra i bambini. Infine per quanto sia un libro davvero utile sotto certi aspetti; ho notato che se il punto di partenza è necessariamente il considerare la Bibbia come un contenitore di fatti realmente accaduti e quindi non allegorici, mi è davvero difficile poter immaginare di condividere non soltanto gli intenti dell’autrice stessa, ma di conciliare le nostre posizioni differenti. Se io reputo le figure mitologiche di Adamo ed Eva personaggi storici, e di conseguenza appartenenti al nostro vero passato; non posso poi scandalizzarmi se un bambino finisca con il credere che gli umani discendano dal leone Aslan. Questa cosa per altro non turbò nemmeno Lewis. In definitiva “Una guida per la famiglia alle Cronache di Narnia” di Christin Ditchfield è un libro utile e appassionate, riservato alle famiglie di cristiani credenti; affinché possano meditare e ragionare attraverso le bellissime creature fantastiche che popolano il mondo di Narnia.


Dott. Cristian Porcino

domenica 8 marzo 2009

“La via Lattea” di Piergiorgio Odifreddi e Sergio Valzania

Il matematico Piergiorgio Odifreddi e l’esperto di comunicazione Sergio Valzania hanno racchiuso nel libro “La via Lattea” (Longanesi Editore), l’esperienza vissuta sul cammino di Santiago iniziata il 24 aprile e conclusasi il 26 maggio 2008. Il libro prende spunto dal film di Bunuel del 1969 che si chiamava proprio “La via Lattea” e che raccontava di due uomini intenti a conversare sull’esistenza di Dio e della religione durante il cammino di Santiago de Compostela.
Il libro è molto affascinate, anche se in verità il potenziale lettore, sa già come andrà a finire; poiché è pressoché impossibile assistere, per fortuna, ad una conversione dell’ateo Odifreddi, o ad una sconfessione del credente Valzania. Leggere questo libro è come percorrere il cammino di Santiago insieme ai sue autori; giacché la loro capacità di coinvolgere il lettore in un’avventura che li vede protagonisti è l’elemento di forza di questo libro. Tappa dopo tappa, giorno dopo giorno non solo riusciamo ad avere un quadro meteorologico preciso, ma riusciamo a compenetrare parte dei problemi che assillano la nostra esistenza. Odifreddi grazie ai ragionamenti logici e alle dissertazioni filosofico - teologiche sulla natura di dio, evidenzia di possedere una spiritualità non indifferente. Infatti il Dalai Lama sostiene che una cosa è la religiosità e ben altra cosa è l’essere spirituali. La prima, ossia la religiosità è caratteristica dei credenti, mentre la spiritualità è una qualità innata negli uomini dotati di spirito critico. Dietro l’aria pragmatica e impenitente nonché impertinente del matematico, Odifreddi nasconde un animo curioso, che sconfina dalle certezze della scienza, per provar a spiegare le infondatezze mitologiche delle religioni esistenti. A tenergli testa vi è lo scrittore Sergio Valzania, cattolico credente, ma uomo dotato di una profondità culturale e religiosa che arricchisce di gran lunga non solo le conversazioni ma l’intero percorso tracciato nel testo. Assenza che un po’ si fa sentire quando gli subentra in una parte del libro – e del viaggio- lo storico Franco Cardini, che purtroppo appesantisce un po’ l’incedere del racconto con una serie di nozioni storiografiche sui monumenti e città. Questo a testimonianza che un pellegrinaggio se pur atipico, non vive solo e soltanto di date e riferimenti cronologici proiettati nella storia; ma si dipana nell’animo di chi lo legge soprattutto grazie alle varianti espressive ed emotive che riescono a descrivere gli autori. Il testo vive della quotidiana esperienza esperita sul campo da chi ha scelto di vivere il cammino del santo di Compostela. Fortunatamente Valzania ritorna nella seconda metà del libro per portare a termine un viaggio non solamente fisico ma anche letterario di grande interesse. Grazie a Piergiorgio Odifreddi e Sergio Valzania si partirà per uno dei pellegrinaggi più interessanti che siano mai stati compiuti da un lettore seduto in poltrona. Ottimo.

Cristian Porcino

venerdì 6 marzo 2009

Eric Noffke “Il Vangelo di Giuda – La verità storica tra scoop e pregiudizi”


Nel 2006 fu annunciata la clamorosa scoperta e pubblicazione del “Vangelo di Giuda”, ossia un resoconto sulle parole di Gesù rivelate a quel Giuda Iscariota che i sinottici ci indicano come il traditore per antonomasia. Ebbene “Il vangelo di Giuda – La verità storica tra scoop e pregiudizi” di Eric Noffke per Claudiana Edizioni, è un compendio a questo ritrovato “vangelo”. Grazie a questo breve saggio veniamo introdotti con dovuta cautela, prima nel contesto storico del ritrovamento che risale non a tre anni or sono ma al 1983 e nominato “codice Tchacos”; e successivamente veniamo edotti sul percorso storiografico fino ad oggi pervenutoci, su quel Giuda che la tradizione ha da sempre individuato come l’artefice della consegna del messia cristiano alle autorità religiose e politiche del tempo. Noffke descrive anche l’ambito storico e teologico in cui nacque e si sviluppò questo vangelo, chiarificazione molto utile che aiuterà il lettore a comprendere alcuni brani estratti e commentati dal “vangelo di Giuda”. Giuda attraverso questo testo subisce una rivalutazione positiva, poiché il traditore diventa protagonista dell’adempimento salvifico di Gesù. Stando a quanto scritto nel testo gnostico del II secolo, Cristo ritenendo l’Iscariota il discepolo più idoneo a comprendere il suo messaggio di salvezza lo incaricò di farsi portatore di questa gravosa colpa che lo avrebbe reso davanti agli occhi degli apostoli uno stolto, un maledetto per generazioni, ma alla fine sarebbe asceso alla nube luminosa. Eric Noffke, pastore valdese a Roma, si occupa attraverso le sue pubblicazioni del cristianesimo delle origini. Un saggio utile per credenti, atei, agnostici e per semplici curiosi di notizie sensazionalistiche su Gesù e la sua missione.


Dott. Cristian Porcino

“I Sogni di mio padre” di Barack Obama


Il 20 gennaio il 44 ° presidente degli stati uniti d’America Barack Obama si è insediato alla Casa Bianca. Per capire e comprendere meglio il pensiero e la vita di Obama bisognerebbe leggere la biografia che egli stesso ha scritto e dal titolo “I Sogni di mio padre – Un racconto sulla razza e l’eredità” per Nutrimenti edizioni e tradotto da Cristina Cavalli e Gianni Nicola.
Nella mia vita ho letto poche biografie coinvolgenti come questa. Ma l’autentica novità risiede nell’assoluta onestà intellettuale che ha spinto il suo autore a ripercorrere a ritroso le tappe più importanti e dolorose della sua vita. Obama scrive con passione, senza edulcorare fatti che per altro riescono a colpire in maniera significativa il potenziale lettore. Barack Obama prova a spiegarci cosa significa essere una sorta di “eroe dei due mondi”, ovvero un afroamericano per metà nero e per metà bianco; poiché la madre era una ragazza bianca americana ed il padre un africano del Kenya. Inoltre egli ci fa capire cosa significa condividere la spinta ideologica che muove la società occidentale cercando di conciliarla con la storia del popolo keniota e dell’Africa in generale. In questa biografia l’autore descrive la propria infanzia trascorsa fra i nonni materni nelle isole Hawaii e nell’Indonesia vicino a Lolo, marito della madre. Veniamo a conoscenza delle sue prime domande sul significato di razza e di razzismo. Le inquietudini del giovane Barry che affermerà:“ ci offendevamo quando un tassista non si fermava o quando la signora stringeva la borsetta nell’ascensore non perché ci disturbasse il pensiero che in passato la gente di colore avesse subito questi affronti ogni singolo giorno della propria vita, ma perché, pur indossando un vestito Brooks Brothers e parlando un inglese impeccabile, potevamo essere presi per negri qualunque. Non lo sai chi sono? Sono un individuo!”. Nelle sue parole si odono gli echi di un individuo appunto, che ha fatto propri i sogni di cambiamento di personaggi come Lincoln, Martin Luther King, ecc. Attraverso le pagine di questo libro Obama narra gli anni trascorsi al college, della sua professione di coordinatore a favore dei più poveri e disagiati di Chicago, che in breve tempo gli faranno inseguire una carriera politica in continua ascesa, ecc, ecc. Il libro si conclude con l’incontro, tanto atteso, con i nonni e i parenti paterni in Kenya. “I sogni di mio padre” è un libro molto bello, scritto con consapevolezza e spirito critico, soprattutto molto prima di gettarsi in politica. Queste pagine racchiudono in nuce gli ideali che lo hanno accompagnato durante la sua vita e che il popolo americano ha molto apprezzato fin tanto da eleggerlo come il primo presidente afroamericano nella storia degli U.S.A.
Congratulazioni Mr. President.


Dott. Cristian Porcino

Niente foto nei luoghi sacri! Meglio comprarle nei negozi di souvenir?


Il turismo religioso nasconde spesso delle inaspettate sorprese. Il più delle volte siamo portati ad immaginare, che recandoci nei luoghi cosiddetti “sacri” si possa visitare realmente un luogo geofisico in cui le ciniche leggi dell’uomo possano essere ampiamente annullate; ma con enorme sorpresa si scopre non esser propriamente così. Quest’estate dopo essere stato nella cittadina di Nevers in Francia ove è esposto il corpo di Bernadette, ovvero la ragazzina che vide presso la grotta di Massabielle in Lourdes la Madonna; mi è capitato un fatto alquanto strano. Il corpo della santa cattolica è custodito in una bara di vetro per permettere ai visitatori di vederlo. Ebbene non mi è stato consentito di scattare una foto con la mia macchina digitale che per altro avrei effettuato senza flash. La cosa però non è stata fatta per rispettare la nomea di un luogo santo ma affinché si potesse incrementare il fatturato del negozietto dirimpetto alla chiesa dove si vendono souvenir della santa, di Lourdes, dei papi: da Wojtyla a Ratzinger. Difatti appena entrati nel negozio si notano in bella mostra le foto del corpo di Bernadette in tutte le angolazioni possibili. Ora se il divieto di foto è stato imposto per non turbare il sonno eterno della Soubirous perché si vendono quelle foto scattate per altro da una macchina fotografica con lo scopo di ricavarci sopra diversi denari? Così la cosa risulta paradossale; il tutto con l’avallo delle autorità religiose locali nonché del Vaticano. In tal modo la povera Bernadette è stata ampiamente oltraggiata poiché anche in vita il di lei fratello commerciava santini con la sua effige e più di una volta lei fu costretta a richiamare tale mercificazione della sua immagine. Cosa direbbe oggi vedendo che ai semplici pellegrini viene imposto di non fotografare il suo corpo ma ne viene consentito invece l’acquisto impresso in cartoline e oggettini vari? Si parte da cartoline semplici del costo di € 0,50 a quelle più complesse con l’aggiunta di scritte in tutte le lingue che raggiungono fino i € 3, 00. Questo purtroppo accade non solo a Nevers, ma a Lourdes, Fatima, San Giovanni Rotondo (Padre Pio), Roma, ecc. Però in Vaticano i gadget o souvenir possono essere acquistati soltanto fuori da San Pietro, nelle zone limitrofe e non all’interno. Non dico infatti che non bisogna vendere dei santini per i fedeli (le leggi del mercato sono purtroppo onnipresenti) ma se ciò deve essere proprio fatto, che avvenga fuori dai luoghi “sacri”. Altrimenti ogni proibizione imposta agli altri diventa coercitiva e ridicola!

giovedì 5 marzo 2009

Il tempo Stinge: intervista a Emiliano Sabadello


Emiliano Sabadello, romano, classe '74, laureato in filosofia vive nella campagna romana e lavora come esperto multimediale. “Il tempo Stinge” (Il Rovescio Editore) è il suo terzo libro pubblicato. In questo saggio, l’autore ci racconta di una Italia poco invidiata dagli altri paesi europei a causa di certe strategie politiche, adottate negli anni dai nostri vari governi.


1) Cosa l’ ha spinta a scrivere una riflessione ad ampio spettro sull’umanità odierna con le proprie contraddizioni e chimere?

“Appunto l’umanità odierna con le proprie contraddizioni e chimere. Il tempo stinge è un libro nato e cresciuto a margine, quasi ignorato per alcuni mesi e schiacciato sotto le pagine del mio primo romanzo, fino a quando non ha trovato la sua unitarietà, sorprendendomi non poco. Il tempo stinge nasce da un anno di osservazione”.

2) Nel suo libro Lei descrive una realtà italiana prossima alla catastrofe. Non risparmia nessuno nella sua analisi; soprattutto quando parla della corruzione morale di certi politici (con tanto di nome, cognome e soprannome). C’è ancora speranza per questo paese?

“Un pensatore oggi innominabile diceva che bisognava criticare più i nostri compagni di strada che gli avversari e io ho eseguito alla lettera questo suo consiglio. L’unica differenza è che i politici presenti nel libro sono miei compagni di strada soltanto nominalmente. Da questo punto di vista non c’è più molta speranza.”

3) La cultura così come è comunemente intesa può ancora oggi salvare una Italia sempre più allo sfascio; o “il tempo stinge” davvero?

“Se parliamo di cultura in senso ampio e gramsciano la mia risposta non può che essere positiva. Ma oggi è difficile pensare e parlare di una cultura in questo senso, una cultura curiosa e condivisa, che venga dal basso e che cerchi di instillare questa curiosità nello spirito umano. Ma, secondo me, non possiamo che tentare, come “barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato” (Fitzgerald).”


intervista a cura del dott. Cristian Porcino

"Io e Oscar Wilde" di Lord Alfred Douglas


Su Oscar Wilde ovvero su uno degli scrittori più geniali e più importanti della storia letteraria si è scritto è letto di tutto. Soprattutto si è molto scritto sulla tormentata “amicizia” con Lord Alfred Douglas chiamato affettuosamente da Wilde, Bosie ed esponente principale del circolo dei poeti uraniani. Per diretta ammissione di Oscar Wilde l’avere incontrato Douglas segnò l’inizio di una sciagurata disgrazia. Dichiarazioni che sono raccolte nel De Profundis di Wilde scritto durante i due anni ignobili di lavori forzati nel carcere inglese a cui fu condannato per reati di sodomia. Per anni abbiamo letto la versione dei fatti fornitaci da Wilde nel De Profundis, indignandoci dell’ingratitudine del giovane Bosie nei suoi confronti. Adesso dopo molto tempo grazie all’opera pubblicata dalle Edizioni Libreria Croce è possibile ricostruire parte di quegli eventi grazie alla descrizione che ne fece nel 1914 lo stesso Lord Alfred Douglas nel libro “Io e Oscar Wilde”. Questo libro colma un vuoto non indifferente poiché a Douglas non era mai stata data possibilità di replica ai fatti narrati da Wilde. Il libro in questione è corredato sul finale di molte lettere che lo stesso Douglas scrisse a Wilde, nonché di un ottima scheda biografica e bibliografica sull’autore del testo. Ė evidente che la versione di lord Douglas ci appare viziata da livore e acredine nei confronti di Wilde; il quale nel già citato De Profundis individuò nel giovane aristocratico causa dei suoi mali. Il libro è ricco di curiosità sulla vita dello scrittore de Il Ritratto di Dorian Grey. Specialmente quando in alcuni passi il lord inglese afferma che l’estro di Wilde è stato ampiamente sopravvalutato dalla critica e dal pubblico. Di sicuro lord Douglas scrisse questo libro per fugare ogni sospetto sulla propria omosessualità. In certe pagine si nota la critica perbenista che Douglas solleva nei confronti dei “viziosi” e quindi dello stesso Wilde. Così scrivendo Douglas ha prodotto un effetto inverso da quello desiderato.
Bosie attraverso queste pagine del libro curate e tradotte per l’occasione da Paolo Orlandelli, rivela al mondo una grande fragilità emotiva e personale nascosta dietro una spavalderia aristocratica di facciata. Oscar non fece mai mistero del suo trasporto sentimentale per Douglas; quest’ultimo invece nel libro citato ritratta tutto e anzi taccia Wilde di avere avuto una coscienza sporca. Dietro queste apparenti recriminazioni sul legame intercorso fra i due si nota l’attaccamento del giovane Bosie ad una figura così ingombrante ma così fondamentale quale fu quella di Oscar Wilde; tant’è che per tutta la vita lotterà strenuamente contro una società che lo riterrà il colpevole principale della fine artistica del drammaturgo irlandese. In definitiva questo è un libro consigliato non solo a chi ama l’opera di Wilde ma anche chi è appassionato di gossip letterario.


Dott. Cristian Porcino

martedì 3 marzo 2009

“Scialla” il nuovo cd dei ragazzi di Amici 2009



Da qualche mese staziona ai vertici della classifica dei cd più venduti in Italia “Scialla”, ovvero il disco dei ragazzi di Amici di Maria De Filippi. Il cd è composto da 17 brani inediti, scritti da autorevoli firme, inclusa Irene Grandi. Il disco si apre con “State your case” cantata da Martina Stavolo, giovane voce che promette molto bene sia per quanto concerne l’interpretazione che per la capacità dimostrata nell’ immedesimarsi con disinvoltura nelle canzoni (vedesi a tal proposito “Delirio” e “Due cose importanti”).
Continuando nell’ascolto ci imbattiamo nella voce nonché nella composizione del giovane cantautore Luca Napolitano con la sua “Vai”. Luca si cimenta anche in un pezzo in lingua inglese “I Confess” dando prova del suo talento vocale e interpretativo. Napolitano e Mario Nunziante sono gli unici cantautori presenti sia nell’attuale edizione di “Amici” che nel disco. Nunziante con la sua “Domenica” ci regala dei brividi inattesi. La melodia e il testo racchiudono un distillato di dolcezza e passione, che coinvolge l’ascoltatore, riportandolo con la memoria a cantautori del calibro di Nino Buonocore, Eduardo De Crescenzo. “Domenica” è una canzone davvero emozionante. Bisogna però annotare che su tutti i cantanti, spicca il talento indiscusso di due delle voci più belle di questi ultimi anni, e mi riferisco ai cantanti: Alessandra Amoroso e Valerio Scanu; entrambi, potenziali vincitori del programma. “Find a way”, “Immobile”, “Stella Incantevole” cantate da Alessandra catturano l’ascoltatore per la bravura e l’intensità con cui vengono eseguiti . Il timbro dell’Amoroso è unico e travolgente. Alessandra potrebbe cantare anche l’elenco telefonico, e sarebbe un successo assicurato. “Can’t stop” e “Domani” sono invece i brani incisi dal cantante sardo Valerio Scanu. La sua voce è un concentrato di perfezione lirica e di agilità vocale che pochi cantanti possiedono in italia. Il cd contiene anche tre pezzi cantati da Silvia Olari, uscita prematuramente dal programma per volere della commissione e non del pubblico votante. “Raccontami di te” e “Tutto il tempo che vorrai” sono, a parer mio, dei pezzi molto orecchiabili, ma non eccellenti, ad eccezione di “Wise girl” musicalmente intrigante. In “Scialla” sono presenti oltre Pamela Scarponi con “Vivere a mezz’aria” anche Daniele Smeraldi con “Negli ambienti vicino al cuore”. La canzone di Smeraldi è davvero significativa, così come la sua interpretazione; una vera chicca discografica . Chiude il cd, Jennifer Milan con “Beside me”. Quest’ultima entrata troppo tardi nel programma è stata tra le prime a lasciare la fase serale di "Amici". A margine è lecito fare una precisazione; più di dieci anni fa, si aspettava il festival di Sanremo per ascoltare i nuovi talenti musicali, ma oggi il festival è diventato soltanto una passerella televisiva, impeccabile sotto il profilo dell’intrattenimento, ma leggermente scarso se guardiamo alle canzoni presentate sul palco dell’Ariston nell’ultimo decennio. Adesso sia le case discografiche che gli acquirenti di musica attendono con trepidazione l’inizio della trasmissione di “Amici”. Questo grazie all’intelligenza e all’acume di Maria De Filippi che ha avuto l’onore di ideare questo talent show (unico nel suo genere). Polemiche a parte, “Amici” sforna annualmente dalla propria “scuola catodica” diversi talenti che in un futuro non troppo lontano faranno parte integrante della musica italiana, come ad esempio Marco Carta, Karima Anmar, Antonino Spadaccino. Unica pecca del disco è il titolo. Benché si riprenda un modo di dire ironico e romanesco, utilizzato dai concorrenti del programma, si corre il rischio di mortificare l’intero lavoro, a causa di un titolo non consono di certo ai pezzi notevoli contenuti al suo interno.

Dott. Cristian Porcino

Articolo pubblicato sul mensile "Misterbianco incomune": presentazione del libro "I Cantautori e la filosofia da Battiato a Zero"




lunedì 2 marzo 2009

Articolo pubblicato sul mensile "La Voce" e relativo alla presentazione dell'opera: " I Cantautori e la filosofia da Battiato a Zero"


“L’Incantesimo Harry Potter”: intervista a Marina Lenti


“L’Incantesimo Harry Potter” di Marina Lenti (DelosBook) è un saggio affascinante sul mondo del maghetto occhialuto, scritto con grande maestria e soprattutto coinvolgente sino alla fine. L’autrice è una delle maggiori esperte italiane del personaggio partorito dalla fervida immaginazione della scrittrice J.K. Rowling. Il testo affronta attraverso 17 capitoli la nascita di Harry Potter, e di conseguenza la storia scritta in ognuno dei suoi 7 libri che compongono la saga potteriana.
La Lenti spinta da un ottimo piglio critico passa in rassegna anche le storture dovute ad errate traduzioni in italiano di nomi o termini che la Rowling aveva creato per dare un senso al costrutto narrativo della fiaba di Harry Potter. Pensiamo al cognome del preside di Hogwarts Albus Dumbledore diventato invece in italiano Silente, o a quello della Professoressa McGonagall divenuta McGranitt, ecc. La scrittrice milanese Marina Lenti, illustrerà nel corso di questa interessante intervista che ha rilasciato, l’universo magico e incantato creato dalla Rowling, per la gioia di tutti i “babbani”, e non solo!


1. Il suo saggio è pervaso da un’autentica passione per la letteratura ed in special modo per quella fiabesca. In “L’Incantesimo Harry Potter” Lei dimostra una conoscenza non indifferente della genealogia psicologica dell’eroe fantastico. Quando è nata la sua passione per la fiaba e di conseguenza per il mondo potteriano?

«Le fiabe mi hanno sempre appassionata fin da piccola, come succede alla maggior parte dei bambini. Nell’adolescenza, un’impostazione scolastica umanistica mi ha insegnato ad approfondire tutti gli argomenti di mio interesse con un taglio piuttosto esegetico, e così ho scoperto che anche le fiabe potevano essere rilette e che era possibile scoprirne nuovi significati se le si osserva da differenti angolazioni. Così ho iniziato a leggere libri che le studiavano dal punto di vista semiotico, antropologico e psicanalitico. Una parte di questo bagaglio è tornata poi molto utile durante la redazione del saggio su Harry Potter, la cui storia considero una fiaba a tutti gli effetti, perché di essa ha tutte le caratteristiche.Per quanto riguarda la passione potteriana, nasce in prima luogo da quella di semplice lettrice. Ma in virtù della formazione di cui sopra, come ho detto tendo a voler approfondire tutto ciò che incontra il mio interesse, dunque ho iniziato lo stesso processo di analisi anche sul maghetto di J.K. Rowling. Poi è arrivata la collaborazione con FantasyMagazine e da lì Harry Potter è diventato, volente o nolente (ma sempre piacevolmente), il mio ‘pane quotidiano’…»

2. Alla saga di Harry Potter va riconosciuto il merito di aver fatto accostare - forse per la prima volta - i bambini al mondo della lettura. Secondo Lei cosa ha influito sull’immaginario collettivo di bambini e adulti affinché il giovane Potter potesse entrare nei cuori di così tante persone?

«Sicuramente la saga di Harry Potter ha riavvicinato le nuove generazioni ai libri, sì. Statisticamente si legge infatti sempre meno e i ragazzi di oggi, con tutte le possibilità a loro disposizione, finivano – prima dell’avvento di Harry Potter - per prediligere l’aspetto visivo e immediato dei videogiochi o della tv rispetto a quello introspettivamente immaginativo della carta stampata. J.K. Rowling ha felicemente invertito questa tendenza e non di rado i ragazzi che sono rimasti folgorati dai suoi libri si mettono poi in cerca di volumi capaci di regalare loro ulteriori dosi di ‘sense of wonder’. In questo modo molti stanno scoprendo il genere fantastico, che del resto sta vivendo una felice stagione anche al cinema, con la trasposizione su grande schermo di molti best seller appartenenti a questa categoria.In riferimento all’impatto che il maghetto ha avuto sulle loro abitudini di lettura, non conosco studi attinenti al nostro Paese, ma so che un sondaggio commissionato da editrice Scholastic (la casa editrice di Harry Potter in USA), effettuato su un campione di Americani fra i 5 e i 17 relativo all’anno 2006 ha messo in luce anche altri benefici indiretti, oltre a quello dell’affezione ai libri: anche il rendimento scolastico è infatti migliorato per il 65% del campione. Su 500 ragazzi intervistati, più della metà ha dichiarato che, prima di Harry Potter, non aveva mai letto un libro per svago. Sono dati che fanno pensare…Gli ingredienti che hanno creato il successo di Harry Potter sono tanti, e tutti usati sapientemente: da una scrittura semplice ma accattivante e ricca di humour, a un universo estremamente fantasioso e accuratamente pianificato, a una trama avvincente come un giallo, alla rielaborazione di materiale archetipo e materiale mitologico, ai personaggi che replicano vizi e virtù simili a quelle del mondo non magico, alla ironica contiguità di quest’ultimo col nostro ordinario tran tran che nulla sospetta e di nulla si avvede, anche di fronte alle situazioni più estreme, per le quali riesce sempre a trovare una spiegazione ‘logica’.Su questo piatto forte estremamente composito, senza il quale nulla sarebbe stato possibile, J.K. Rowling ha saputo apportare la ‘decorazione’ di un’intelligente campagna di marketing, molto semplice ma efficace: quella di creare suspense sul prosieguo della vicenda, tenendo accuratamente nascosti certi particolari ed eludendo a bella posta determinate domande. Questo accorgimento ha portato la curiosità del pubblico (e della stampa) a livelli febbrili. L’avvento dei film ha poi fatto il resto, dal momento che qualsiasi libro, non importa quanto già di successo, trae dalla trasposizione cinematografica un’eco pubblicitaria enormemente amplificata.»

3. Lei crede che la Rowling darà un seguito alla vita di Harry Potter, oppure è del parere che l’universo potteriano sia completo già di per sé? A mio avviso l’ultimo libro non chiarisce molti punti e questo potrebbe far sorgere alcuni sospetti su un probabile continuo. Che ne pensa?

«È verissimo che parecchie questioni, nell’ultimo romanzo, rimangono in sospeso o non sono dipanate in modo del tutto soddisfacente. Credo che il fatto di avere messo così tanta ‘carne al fuoco’, con una trama piuttosto complessa e ricca di complicazioni, e con parecchie sottotrame parallele, alla fine si sia rivelata un fattore abbastanza difficile da gestire nel tassello conclusivo della saga. Tuttavia la storia è comunque completa e la stessa Rowling ha dichiarato che, pur essendo fortemente tentata di indugiare in un mondo che l’ha accompagnata per 17 anni e che le ha permesso di non soccombere alla depressione e alla povertà in cui versava prima della pubblicazione, non c’è l’intenzione, da parte sua, di continuare su questa strada.C’è tuttavia in progetto l’enciclopedia dove troveranno posto tutte le notizie extra che non hanno trovato modo di inserirsi nei romanzi. La scrittrice non ha fissato una scadenza per questo lavoro, ma ha comunque dichiarato di volerlo portare a termine. Inoltre, proprio recentemente ci ha deliziati con lo ‘pseudobiblium’ Le Fiabe di Beda il Bardo, un volumetto che ‘figlia’ dalla saga di Harry Potter come già fecero ‘Il Quidditch attraverso i secoli’ e ‘Gli Animali Fantastici – dove trovarli’.Infine, sappiamo, per via di dichiarazioni rilasciate già alla fine del 2007 alla stampa americana, che questa prolificissima autrice sta da tempo lavorando anche ad altri due libri: uno destinato agli adulti e uno ai bambini. Quest’ultimo sembra essere quello giunto allo stadio più avanzato, quindi è verosimile che, se vedrà la luce della pubblicazione, lo farà prima dell’altro. Certo, avendo esordito con un’opera della qualità di Harry Potter non sarà facile eguagliare se stessa, sapendo oltretutto quanto è alta l’aspettativa di tutti gli appassionati.»


intervista a cura del dott. Cristian Porcino


“Cavalli Alati” di Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese


Il romanzo di Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese “Cavalli Alati” per Edizioni Libreria Croce affronta con magistrale sapienza la scoperta dei propri desideri, e la consapevolezza della propria realtà personale. Il protagonista Gabriele è un uomo sposato, con una figlia Amanda che ama più della sua vita; ma ciò che lo lega alla moglie, scopre col tempo essere divenuto soltanto una manifestazione affettiva e di stima reciproca.
Gabriele ha sempre scacciato da sé l’idea che la propria attrazione verso gli uomini potesse realmente appartenergli; così dovrà affrontare un viaggio ben più importante e faticoso per scoprire e accettare la propria bisessualità. Gli autori del presente volume con eleganza stilistica e curando in modo particolare lo scavo psicologico non solo del protagonista ma anche dei personaggi comprimari, hanno portato alla luce una condizione di vita, che spinge gli uomini a dover fronteggiare quasi di nascosto i propri istinti sessuali, nonché le proprie inclinazioni per paura di affrontare ancor prima che se stessi, le reazioni altrui. Proprio in questo momento storico dove i diritti individuali delle persone omosessuali vengono calpestati o peggio ancora ignorati, un libro del genere ci porta a conoscenza di una realtà che si suole occultare per codardia e ignavia. Dopo la lettura di “Cavalli Alati” ognuno di noi, dovrà lottare perché i nostri figli, i nostri nipoti, non crescano più in una società che tende ad inibire il proprio orientamento sessuale. Non esistono amori di serie A e di serie B, ma l’Amore tout court. Personalmente non mi è mai piaciuto operare distinzioni fra eterosessuali, omosessuali, bisessuali, transessuali, ecc, perché credo fermamente che quando mi trovo dinanzi ad un individuo, una persona, il suo orientamento sessuale non mi debba riguardare. Solo una società bigotta, retriva, e moralmente malata può interessarsi della vita sessuale dei propri cittadini. Pertanto si colga l’occasione per dimostrare realmente al mondo, che l’essere umano debba essere tutelato sempre e ovunque al di là del proprio credo religioso, appartenenza sessuale, razziale, geografica, etc. Perché il razzismo, è sempre in agguato per annientare l’essenza primigenia dell’uomo. Come ci ricorda la Costituzione Italiana ogni uomo e uguale all’altro, e quindi la cosiddetta fratellanza evocata dagli spiriti religiosi non può annullarsi soltanto in base ai gusti sessuali che si manifestano. Mi auguro davvero che in un prossimo futuro nessun bambino possa conoscere più il significato di parole come omofobia, xenofobia, ed ogni altro epiteto sprezzante e razzista; perché ciò significherà che l’uomo avrà realmente compreso e attuato il rispetto della persona umana.


Dott. Cristian Porcino

“Un paese di Baroni” di Davide Carlucci e Antonio Castaldo


“Un paese di Baroni. Truffe, favori, abusi di potere. Logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana” è il titolo dell’inchiesta eccellente condotta dai giornalisti Davide Carlucci e Antonio Castaldo e pubblicata da Chiarelettere Edizioni. Quest’ultima è una casa editrice coraggiosa, se consideriamo i titoli che ha pubblicato sul mercato: “Toghe rotte” di Tinti, “Mani sporche”, “Bavaglio” di Peter Gomez e Marco Travaglio, e altre interessanti denunce sociali.
Che l’università italiana fosse preda di caste politiche nonché massoniche è cosa risaputa a tutti. Soprattutto a coloro i quali hanno frequentato l’università e si sono accorti di come l’insegnamento fosse un privilegio assoluto riservato nella stragrande maggioranza dei casi ai parenti di presidi, rettori, etc. Il libro in questione ha il merito di rompere il muro di omertà che da sempre si erge sul sistema universitario italiano. Dopo Tangentopoli, vallettopoli, è il caso di universitopoli. Sempre più in aumento sono quei giovani laureati, in cerca di occupazione nel mondo della ricerca e che purtroppo vengono respinti nei concorsi pilotati dalle varie commissioni d’esame. Come si legge nel testo:” I docenti sanno benissimo di partecipare a una sorta di teatrino. Il nome da promuovere, quasi sempre, si conosce in anticipo. Ed è anzi per sistemare lui, il predestinato, che qualcuno ha brigato per trovare i fondi necessari e che altri hanno bandito la cattedra”. Personalmente anch’io ho sperimentato quanto detto da Carlucci e Castaldo, poiché ho assistito a colloqui di selezione per dei master di primo livello in cui nonostante quanto dichiarato nei relativi bandi, ad essere scelti erano sempre coloro i quali non possedevano né i titoli adeguati, né pubblicazioni, né un voto di laurea idoneo. Ed ho sperimentato anche che per aver chiesto spiegazioni al rettore dell’università di Catania, sono stato accusato di estorsione. Ad un certo punto ti trovi in una condizione nella quale se decidi di querelare il “magnifico” per calunnia e diffamazione, sai per certo che la tua carriera potrebbe non decollare mai nel tuo ateneo. Ma una cosa è certa; visto il nepotismo e la parentopoli dilagante il mio futuro di ricercatore è comunque pressoché segnato nella mia città. L’Università diventa una passerella politica, in cui a predominare sono gli interessi e non i saperi. Devo dire che questo libro ha un pregio notevole, ossia quello di affrontare l’agghiacciante situazione dell’università attraverso il racconto di fatti reali, testimonianze e le citazioni di molte sentenze. Non ci troviamo davanti all’ennesimo atto d’accusa contro un malcostume nostrano, ma dinanzi ad un libro che svela decenni di soprusi subiti nelle aule universitarie, in religioso silenzio. Leggendo con attenzione i vari capitoli del libro, si spiega il perché in Italia aumentino i casi di mala sanità. Forse perché molti medici non vengono selezionati in base alla loro reale bravura ma in virtù del cognome e dell’amicizia che lo lega ad una determinata “famiglia” baronale. Se poi ad operare un paziente ci va un pivellino senza esperienza, a rimetterci sarà il paziente e non lo pseudo chirurgo. “Un paese di baroni” deve essere il punto di partenza per avere il coraggio di denunciare abusi, soprusi e illazioni che si riscontrano nel sistema universitario. Pur comprendendo la difficoltà nell’intraprendere un' azione penale contro le alte cariche dell’università, non bisogna temere alcuna ritorsione, perché soltanto la verità ci renderà davvero liberi. Consiglio pertanto il libro a tutti coloro che si sono appassionati nella lettura di “La Casta” e “La Deriva” scritti dai giornalisti Stella e Rizzo; perché scopriranno, qualora ne fossero all’oscuro, dell’esistenza di una casta ancora più granitica e intoccabile; ovvero quella dei baroni universitari.


Dott. Cristian Porcino

“Amedeo Buffa in arte Nazzari” di Maria Evelina Buffa


Amedeo Nazzari è stato di sicuro un attore simbolo dell’Italia cinematografica del dopoguerra. I suoi film hanno fatto sognare, sospirare milioni di donne ammaliate dal fascino di Amedeo. Io purtroppo non ho vissuto il periodo in cui Nazzari recitava, ma lo ricordo perfettamente così come i suoi film perché mia nonna era una sua ammiratrice. Diceva sempre che attori come lui non sarebbero più esistiti.In effetti il libro pubblicato dalle Edizioni Sabinae “Amedeo Buffa in arte Nazzari” scritto dalla figlia Maria Evelina, è un gradevole omaggio prima che al professionista, all’uomo e al genitore. Il libro non è di certo una biografia, ma come ci ricorda l’autrice “un album fotografico di famiglia”, commentato da una figlia che ha tanto amato il padre, e dallo stesso Nazzari, grazie ad alcuni appunti ritrovati, che lo stesso aveva redatto in precedenti occasioni. Questo libro aiuta a comprendere anche il carattere di un attore considerato una vera e propria icona dei cosiddetti film “strappalacrime”. Amedeo Nazzari riusciva con la sua classe e la sua bravura a raggiungere milioni di milioni di italiani. Ancora adesso quando le tv mandano in onda i suoi film come: “Giorni felici”, “La maja desnuda”, “Le notti di Cabiria”, etc, si intuisce quale era la caratteristica principale della sua arte recitativa; sapeva emozionare la gente, perché fuori dai set cinematografici e teatrali era un uomo reale, nonché marito e padre premuroso. Proprio per questo motivo consiglio di leggere il libro scritto da Maria Evelina Buffa, perché si avrà modo di rivivere la carriera di un giovane attore sardo che all’anagrafe faceva appunto di cognome Buffa e che poi decise di modificare in Nazzari, adottando per altro il cognome del nonno materno. Nel giro di pochi anni, dopo aver girato numerosi film, Nazzari diventò un simbolo sia del cinema che del maschio italiano.


Dott. Cristian Porcino

“Leonardo da tasca” di Henning Kluver


Ricostruire la vita e l’operato di Leonardo Da Vinci (1452 - 1519) è una impresa difficilissima; soprattutto perché come ebbe a dire Martin Kemp: “come ogni altra epoca, anche noi ci creiamo il Leonardo che vogliamo”. Questo purtroppo è ciò che accade a quelle figure storiche che sono state consacrate sull’altare della mitologia. Il libro di Henning Kluver “Leonardo da tasca” per Ponte alle grazie, prende le distanze da finti - scoop alla Dan Brown e soprattutto non si occupa di fantasiosi scenari esoterici e occulti sul maestro Da Vinci.
L’autore invece consegna ai lettori un piccolo ma importante saggio sulla vita nonché la carriera artistica del genio vinciano. Il ritratto che delinea Henning Kluver nel libro è storicamente accurato. Pensiamo per un attimo che il quadro più famoso di Da Vinci “La Gioconda” è ammirato giornalmente da centinaia e centinaia di persone che affluiscono al museo del Louvre di Parigi; e di certo mossi non dalla curiosità artistica per l’opera in sé; ma bensì spinti dal voyeurismo e dal pettegolezzo che accompagna quest’opera. Il significato reale dell’opera d’arte a volte travalica l’intento originario voluto dall’artista stesso, per divenire, suo malgrado, una proiezione culturale e personale di chi la contempla. Fra i tanti libri che sono stati scritti sull’artista, “Leonardo da tasca” è forse uno dei più utili e veritieri. Fra le sue pagine ripercorriamo la sua vita privata, i continui viaggi, le opere incompiute e soprattutto i tormenti di un genio fuori dal comune che forse non si riteneva soddisfatto dalle proprie conquiste artistiche. Quello che colpisce di questo testo è l’ottima trattazione critica, e soprattutto un linguaggio scevro dai facili qualunquismi e pressappochismi. Come dice Kluver: “Fra noi e Leonardo ci sono cinquecento anni che non possiamo semplicemente scavalcare. Però trarne ammaestramento, questo sì. Forse, nell’età della comunicazione elettronica e dei mondi virtuali, riusciremo a conservare l’occhio più libero”, e aggiungerei io da sovrastrutture. In definitiva consiglio vivamente la lettura di questo libro ad ogni appassionato di storia dell’arte, e a quegli studenti che stanchi della trattazione sistematica presente nei libri didattici adottati nelle scuole, potranno conoscere un Leonardo poco mito, più umano e quindi più vicino a loro.


Dott. Cristian Porcino

“Alza la testa!” di Piero Ricca


L’articolo numero 3 della Costituzione Italiana dice chiaramente che : “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ebbene facendo proprio questo articolo e soprattutto spinto da un ideale democratico sempre più in disuso, il giornalista nonché “libero cittadino” Piero Ricca ha sentito la necessità di scendere in piazza per interrogare i cosiddetti potenti, dando vita ad una inchiesta giornalistica come non si era forse mai vista in Italia.
La casa editrice Chiarelettere ha recentemente dato alle stampe un dvd più libro e dal titolo “Alza la testa”. Ci siamo mai chiesti perché questo paese è sempre più allo sfracello? Forse perché non esistono quasi più cittadini disposti a partecipare attivamente al risanamento di una politica ormai incancrenita. In fondo chi fa il politico di professione, non può rappresentare nella fattispecie, l’antitesi della legge; né tanto meno può rifuggire le sentenze emesse da regolari tribunali e rifiutarsi di piegarsi dinanzi al cospetto della Legge. Piero Ricca attraverso il suo modo forse irriverente ma diretto, candido come quello di un bambino e soprattutto mai prono ai vari schieramenti sia di destra che di sinistra, fa in poche parole quello che la stragrande maggioranza dei giornalisti non riesce a fare più. In questi giorni in pazza sugli schermi cinematografici il film di Ron Howard sul duello mediato avvenuto nel 1974 e a cura del giornalista David Frost contro l’ ex presidente USA Nixon. Oggi non potremmo assistere sulle nostri televisioni ad un duello mediatico di tale impatto per molti fattori; primo perché un presidente non accetterebbe forse di farsi intervistare restando all’oscuro delle domande, e secondariamente forse, perché nessuno metterebbe mai di fronte ai propri errori dei rappresentati della politica istituzionale di rilievo. Per quanto l’Italia sia molto filo -americana, nel giornalismo e come mentalità è di certo all’opposto. In passato ricordiamo nomi eccellenti del giornalismo come Montanelli, Biagi e Fallaci; mentre oggi solo Marco Travaglio, Piero Ricca, e qualcun altro oserebbe affrontare un cosiddetto “delfino” della politica! Ciò forse accadrebbe perché i nomi citati, avevano ed hanno “la schiena dritta” come disse l’allora presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi riferendosi alla correttezza di chi esercita la professione giornalistica. Ricca porta avanti le sue indagini attraverso un confronto de visu; dove il politico o chicchessia viene interrogato con la possibilità di replica che non giunge quasi mai. Si odono le minacce all’intervistatore, intimidazioni verso chi desiderava sentirsi dire soltanto la verità, ecc. Grazie al lavoro di Ricca riconosciamo il nostro diritto di appartenere ad un corpo sociale, di cui siamo parte integrante e soprattutto che noi siamo “cittadini e non sudditi”. A causa di questo spiccato senso civico, Ricca ha dovuto affrontare le ire di chi si riteneva tutelato dalla carica istituzionale che ricopriva. L’onestà intellettuale di Paolo Ricca gli fa onore e soprattutto fa onore anche a chi, grazie alla sua inchiesta riesce a sollevare la testa dal letame in cui la realtà odierna sembra volerla schiacciare. Leggendo queste pagine e vedendo alcune immagini contenute nel dvd ho subito pensato a quei cittadini che per aver chiesto, ad esempio, delle spiegazioni per dei criteri di selezione di alcuni master universitari poco chiari, sono stati accusati di estorsione. Questo solo per aver detto di denunciare il tutto alla magistratura. Cosa forse più che “normale” di questi tempi nella nostra Italia! Si diventa malfattori ed estortori, perché ci si appella alla Costituzione! Ho ripensato anche a quei cittadini onesti che non hanno paura di querelare quegli individui che si credono infallibili solo perché ricoprono cariche altisonanti, e che credono di poter commettere impunemente reati come minacce, ingiurie, calunnie, etc. Scopo dell’opera edita da Chiarelettere è combattere la cattiva - informazione, l’indifferenza dei cittadini dalle amenità della politica e della società circostante. In definitiva “Alza la testa” è un lavoro degno di nota che andrebbe acquistato da tutti e soprattutto proiettato nelle scuole per instillare nei più giovani il senso di appartenenza a questa nostra amata Repubblica Italiana.


Dott. Cristian Porcino